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In quali casi si può prevedere ciò che è successo?
«L’aritmia non si può vedere prima. A volte invece si può intercettare la causa scatenante. Ci sono aritmie, anche maligne, che possono intervenire in cuori sani sul piano strutturale. Sono situazioni visibili solo all’elettrocardiogramma che però normalmente, in un atleta professionista, grazie all’idoneità, raramente non vengano diagnosticate. Per gli atleti professionisti le cause più frequenti di morte improvvisa sono o una cardiomiopatia, malattia a predisposizione genetica, oppure un’anomalia congenita delle coronarie. È molto difficile diagnosticarle».
Cosa avverrà nelle prossime ore?
«Careggi è un centro cardiologico d’avanguardia: verranno fatti gli esami più approfonditi, come la risonanza magnetica del cuore, se necessario una tac coronarica, per fare una diagnosi sia sul versante cardiomiopatia, sia su quello coronarico. O anche per la miocardite, che con il Covid è diventata famigerata ma che in realtà c’è sempre stata e può essere legata a un fatto infettivo pregresso. Nella stragrande maggioranza dei casi gli esami svelano qual è stato il problema, se una cicatrice al cuore, un accumulo di grasso, una coronaria anomala. Se poi sarà tutto negativo, gli faranno uno studio approfondito dell’attività del cuore. La sola situazione che può provocare un arresto cardiaco senza alcun segno è la cardiopatia aritmogena, che a volte esordisce proprio così, con l’aritmia maligna. È rarissima, ma può capitare».
Potrà tornare a giocare?
«È presto per dirlo. Se è stato un arresto cardiaco defibrillato, indipendentemente dalla causa, un ritorno alle gare è difficile. Ma è prematuro parlarne».
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