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Barella: “Avevo perso passione per il calcio, i compagni mi fanno sentire Dio. Quel saluto ai milanisti…”

Marco Astori Redattore 

Il ciclismo? 

"Guardo 4 ore di tappa. C'era un periodo che ero malato di NBA, non avevo ancora le bambine e guardavo le partite di notte. Quando mi piace una cosa entro nel mood".

Il vino?

"Non sono esperto, ma appassionato perché il migliore amico di mio padre aveva delle vigne e io da quando avevo 8 anni fino a che non ho iniziato a giocare fuori, facevo la vendemmia. Mi è rimasta quest'attrazione per il vino ma non ho mai bevuto un bicchiere fino ai 18 anni: mi piaceva imbottigliare. Si soffriva a fare tutto ma mi è rimasta la passione delle bottiglie e con i primi soldi ho collezionato le etichette delle varie bottiglie. Poi c'è stato il lockdown e ho cominciato ad assaggiarlo: è una bella passione ma devi gestirla. Ho iniziato con i vari classici e poi è nata la passione di riconoscerli vedendo le differenze. I miei preferiti sono Borgogna, Bordeaux e Barolo. E' una passione dispendiosa ma è bella: quando bevo un bicchiere di vino mi resta impresso con chi l'ho bevuto e di cosa ho parlato. E' un momento per staccare".

Sei ossessionato dall'ordine?

"E' vero. Sono ossessionato: anche in campo, non so se si nota, quando i miei compagni hanno la palla suggerisco la giocata. Questa cosa dell'ordine mi ha aiutato a migliorare, prima ero istintivo: ora studio cosa c'è in campo. Sono abituato con questo modulo da tanto tempo e so in che posizione bisogna stare: il fatto di essere ordinato mi aiuta a tenere d'occhio tutto. In casa è un problema perché se i vasi non sono allineati devo sistemarli. A volte può essere pesante ma è più forte di me".

Gigi Riva? 

"E' stato il mio maestro: ho sempre stimato, oltre al calciatore, questo suo modo di essere. Lui ha sempre tenuto la sua immagine per sé dandola a chi voleva lui, non a tutti: per questo è stato così amato a Cagliari, era più sardo dei sardi. La mia stima più grande era per quello: io sono così anche grazie a lui. Quando l'Italia ha vinto nel 2006 lui è sceso dal pullman dicendo "avete vinto voi, festeggiato" ed è andato via a piedi. Questo era lui ed è una cosa che nessuno può mai comprare. Io mi rivedo molto in questo: rido, festeggio e mi diverto, anche alla parata ero davanti perché lo scudetto l'ho sentito mio, ma non è la vita reale. Gli scudetti li ho festeggiati con la mia famiglia, con chi volevo io, a cena: li ho festeggiati lì veramente. Quello che è successo al Duomo è stato incredibile: poi sono tornato a casa e ho festeggiato con chi fa parte della mia vita ogni giorno. Riva è stato il mio maestro e quando lui è scomparso ho fatto una scelta molto dura di non andare al suo funerale perché quello che ho vissuto con lui volevo tenerlo per me. Non volevo essere lì mentre lo portavano via: l'ho vista in tv ed è stato emozionante. Ho deciso di organizzare una cosa con suo figlio ammettere un mazzo di fiori: può essere capita o no ma sono fatto così. Non mi piace apparire in pubblico a fare certe cose: e mi è dispiaciuto perché finché vengo criticato come giocatore lo accetto, ma che dicano che sono un piccolo uomo per questo, mi ha fatto male. Non so se lo rifarei, ma mi sentivo di fare così".


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