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Bergomi: “Come è nato l’amore per l’Inter. Io filo-milanista? Purtroppo i social…”

Le parole di Beppe Bergomi sull'Inter: "Che legame con Ferri. Allenatori? Tutti mi hanno dato qualcosa, tranne uno ma non faccio nomi"
Matteo Pifferi Redattore 
Bergomi: “Come è nato l’amore per l’Inter. Io filo-milanista? Purtroppo i social…”- immagine 2

Nel giorno di San Valentino, Beppe Bergomi ha raccontato a La Gazzetta dello Sport come sia nato il suo amore per l'Inter:

«Bisogna prenderla alla lontana, perché mio padre e mio zio gestivano un distributore di benzina e un autonoleggio. Erano simpatizzanti milanisti, ma quello scatenato era mio fratello Carlo, lui sì tifosissimo rossonero. Quando avevo 11 anni ho fatto un provino col Milan, squadra per cui tifano l’80-90% degli abitanti di Settala, compresi i dirigenti dela Settalese. Mi hanno preso ma dopo tre mesi, quando iniziavano i tornei, alle visite mediche mi hanno scartato per dei reumatismi nel sangue, che si curavano con iniezioni dolorosissime. Io però non stavo male, potevo giocare... A quel punto sono passato per due anni alla Settalese. Iniziava a girare la voce che ero forte, mi volevano in tanti però ho scelto l’Inter».

Cos’è che l’ha convinta al tempo a scegliere l’Inter?

«È stato colpo di fulmine. Ci allenavamo a Rogoredo, dove ora lavoro perché c’è la nuova sede di Sky. Guardo fuori dalla finestra e vedo ancora il campo in cui conobbi, oltre a Mazzola, Tagnin e Veleno Lorenzi, Arcadio Venturi. Un uomo fantastico cui sono ancora molto legato. Al tempo allenava i Giovanissimi, poi è passato agli Allievi A e io ho saltato una categoria e proseguito con lui. Il destino ci ha unito Era il vice del Trap l’anno dello scudetto dei record...».

Come andava agli allenamenti?

«Frequentavo una scuola a Melzo, quello sì un feudo interista, poi prendevo il tram numero 93 e mi facevo l’ultimo pezzo a piedi. Al ritorno a volte passavano mio padre o mio zio. Altrimenti con i mezzi arrivavo a casa all’ora di cena...».

I parenti l’hanno perdonata?

«Certo! Mio padre purtroppo è mancato poco dopo, mentre zio e fratello erano in tribuna il giorno che segnai il mio primo gol con l’Inter, quello del 2-2 in un derby di Coppa Italia. Mio zio esultò come un matto, mio fratello invece si arrabbiò. Ma da quel giorno è diventato un interista sfegatato!».

Il primo ricordo della Pinetina, l’avvicinamento alla prima squadra.

«Al tempo il giovedì si faceva la partitella e chiamavano alcuni giovani. Ci allenavamo sui campi secondari e a volte Bersellini diceva che gli serviva qualcuno. Un giorno tocca a me, mi mettono a marcare Aldo Serena che sulla prima palla in profondità mi tira una gomitata tremenda. La gavetta... Noi poi giocavamo le partite del campionato Primavera al sabato pomeriggio, in Pinetina. La prima squadra era lì in ritiro, quindi buttavano l’occhio. Alla fine della stagione ‘79-80 arriva la prima convocazione, l’estate successiva il primo ritiro con i grandi».

Di mezzo c’è stato il dodicesimo scudetto.

«Il giorno di Inter-Roma, la partita che ci diede il titolo, ero in Curva con amici. Al tempo la società dava a tutti i giovani una tessera per vedere le partite a San Siro. Dai 13-14 anni, non ne ho persa una, compatibilmente con il nostro calendario».

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