Marco Tardelli era il suo idolo da ragazzo?
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Berti: “Feste, alcol il giusto, la fuga con Eriksson e il no a Berlusconi. E i milanisti inventarono che…”
«Fu Claudio Gentile, mio compagno a Firenze, che un po’ mi forzò a dire questa cosa. Certo Tardelli mi piaceva e quando me lo hanno presentato sono arrossito, anche se io ero più bravino (ride ndr). Nel Mondiale del 1982 comunque io impazzivo per il Brasile».
E nel 1994 se lo ritrovò in finale.
«Contrariamente a quanto si pensa mi ero candidato per calciare il rigore, ma Sacchi mi saltò. Mi consolai per la sconfitta andando a San Diego con i miei amici brasiliani».

Il suo appartamento a Soho, New York, tornò utile in quel Mondiale?
«L’avevo comprato un anno e mezzo prima ed era fighissimo. Ma quello “stronzo” di Sacchi, mi raccomando lo scriva tra virgolette, nel giorno di riposo ci dava libertà dalle 11 alle 23, quindi ci toglieva la serata. Però due-tre chiamate per fare festa al pomeriggio coi miei compagni forse le ho fatte (esplode a ridere, ndr)».
Lei, unico interista della spedizione, sembrava il meno sacchiano di tutti.
«E invece forse lo ero più degli altri, perché giocavo dove voleva lui. Ero uno serio, anche se fumavo il cubano in camera di Baresi. Quell’anno dopo un lungo infortunio, come ha detto il nostro allenatore Marini, ho salvato l’Inter dalla B, ho segnato nella finale di andata della Coppa Uefa che abbiamo vinto. E poi ho giocato tutto il Mondiale in fascia: un ruolo non mio».
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