Nicola Berti, ex centrocampista dell'Inter, ha concesso una lunga intervista ai microfoni del Corriere della Sera. Tantissimi i temi affrontati, dal suo passato al nerazzurro e al suo modo di divertirsi.
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Berti: “Feste, alcol il giusto, la fuga con Eriksson e il no a Berlusconi. E i milanisti inventarono che…”
Nicola Berti, ma lei si ricorda come disossare un prosciutto?
«Farei fatica, ma mio padre me lo aveva insegnato nel negozio di famiglia. Non credeva che avrei mai sfondato nel calcio, per cui mi prese un banchetto con il quale giravo i mercati. D’inverno stavo lì con un giaccone enorme, stile omino Michelin. E mi ricordo ancora il gelo alle mani quando prendevo le ricotte dall’acqua».
Però era già un baby fenomeno, visto che a 16 anni iniziò la scalata dalla C.
«Sì, giocavo, anche come centravanti e lavoravo. Tanto che Carmignani a Parma mi ripeteva di smettere con i mercati, perché mi vedeva stanco. A 17 anni ho debuttato in serie B, facevo anche lo stopper. Avevo una grande tigna, anche se non ero tecnicamente il massimo».

Quando firmò il primo contratto con la Fiorentina venne definito «il miliardario con lo zero in condotta». Perché?
«Assieme ad altri dieci “geni” in prima media andammo su una collina di Salsomaggiore a fumare e a perdere tempo. Per separarmi dalle cattive amicizie mi bocciarono».
A 14 anni fu ripescato dai carabinieri in una fontana.
«A Salsomaggiore c’era già Miss Italia, allora scavalcai un muro per entrare nel giardino dell’hotel che ospitava le ragazze e mi ritrovai accanto a Patty Pravo. A Salso mi sentivo a casa mia e facevo un po’ di casino...».
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