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Canovi: “Falcao era dell’Inter, poi chiamò Andreotti. E ci fu anche l’intervento del Papa”

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'avvocato Dario Canovi ha raccontato i retroscena di mercato riguardanti Falcao
Andrea Della Sala Redattore 

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'avvocato Dario Canovi ha raccontato i retroscena di mercato riguardanti Falcao che sarebbe potuto passare all'Inter:

Ce lo racconti lei, avvocato Dario Canovi: chi era Falcao?

«Un giocatore meraviglioso, uno dei più grandi registi della storia del calcio. Classe, personalità, mentalità vincente: con lui in campo i suoi compagni brillavano di luce riflessa. Venne nel 1980: i tifosi della Roma sognavano Zico e invece il presidente Viola su consiglio di Liedholm prese lui. Scese dalle scalette dell’aereo in un caldissimo 10 agosto e, stupendo tutti, promise lo scudetto a una piazza che non lo vinceva da 42 anni. Lo sfiorò subito nel 1981 col gol annullato a Turone contro la Juve, poi lo vinse nel 1983 dopo i Mondiali in Spagna. Falcao diede alla Roma una eleganza, uno stile, una bellezza che non aveva mai avuto prima, tanto da essere ribattezzato da Carmelo Bene “il Divino”. Per i tifosi divenne l’ottavo Re di Roma. Ecco perché quando, dopo lo scudetto, anche per qualche incomprensione con Viola, si accordò con il ds nerazzurro Sandro Mazzola per passare all’Inter, Roma sprofondò in un incubo. I tifosi piangevano alla sola idea di perderlo. E si utilizzarono tutti i mezzi possibili per fermare il trasferimento e riaprire la trattativa tra due abilissimi “giocatori di poker” come Viola e Colombo. Mosse e contromosse, colpi di scena, dichiarazioni: fu uno spettacolo».


Scusi se la interrompo, avvocato, ma lei che ruolo aveva in questa partita?

«Io ero molto amico di Mazzola, che era stato uno dei fondatori dell’Associazione italiana calciatori di cui ero l’avvocato. Colombo chiese l’intervento dell’Aic e venne a trovarmi a casa mia, da lì in poi vissi 50 giorni accanto a lui».

Torniamo alla telenovela...

«Mazzola aveva incontrato Colombo e Falcao in Svizzera, e stava tornando a Milano con il contratto firmato in tasca, da depositare in Lega. Nel frattempo però il presidente dell’Inter Ivanoe Fraizzoli, che era un vero signore, aveva avvertito al telefono Viola che era in trattativa con Falcao ed era pronto ad acquistarlo. Viola restò in silenzio, gelido, poi attaccò. Non c’era tempo da perdere. Fu chiesto l’intervento del più importante tifoso della Roma, Giulio Andreotti. Era in carica il governo Spadolini, nato dall’accordo della cosiddetta CAF (Craxi, Andreotti, Forlani). Andreotti era potentissimo. Si dice che fu lui stesso a richiamare Fraizzoli. Il messaggio arrivò forte e chiaro, non si parlò neanche di Falcao, ma degli interessi economici dell’imprenditore, che produceva capi d’abbigliamento e divise per i ministeri, l’esercito e le guardie carcerarie: “Un affare molto importante, mi dicono...”. Fraizzoli capì subito».

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E il contratto nella tasca di Mazzola?

«Sandro tornando dalla Svizzera, felice per aver centrato un clamoroso colpo di mercato, si fermò in un bar per telefonare a Fraizzoli e dargli la notizia dell’accordo, perché all’epoca non c’erano i cellulari, ma fu gelato: “Blocca tutto e raggiungimi in ufficio, ti devo parlare”».

E il Vaticano?

«Anche se l’Inter fece un passo indietro, l’accordo tra la Roma e Falcao per rinnovare il contratto ancora non c’era. Fu fatto sapere alla signora Azise, la mamma di Paulo Roberto, religiosissima, che anche Papa Wojtyla voleva che lui restasse a Roma. Lei telefonò al figlio: “Non vorrai mica dare un dispiacere al Santo Padre, vero?”».

E nel frattempo Viola e Colombo?

«Continuavano il tira e molla, mandandosi messaggi sui giornali. La trattativa si concluse negli uffici di Andreotti, con la firma del nuovo contratto e una stretta di mano tra il Senatore e Colombo immortalata da una foto. Alle loro spalle, sullo sfondo, c’ero anch’io».