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Italia, Capello: “Ma dobbiamo avere paura della Norvegia? Barella e Dimarco…”

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"Quando la Svizzera ci eliminò dall’Europeo, ero in Germania a vedere la Nazionale dal vivo, e tornai a casa imbarazzato", ricorda Capello
Matteo Pifferi Redattore 

Fabio Capello è intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport per parlare di Nazionale:

«Nove mesi fa, quando la Svizzera ci eliminò dall’Europeo, ero in Germania a vedere la Nazionale dal vivo, e tornai a casa imbarazzato: quella era un’Italia che non sapeva di niente, faceva il compitino senza rischiare nulla. Giovedì invece ho visto una squadra con idee, che ha giocato con passione e ha cercato sempre il risultato: abbiamo perso perché di fronte c’era un’avversaria superiore dal punto di vista fisico. Ma l’Italia c’è, ci sarà domani a Dortmund, perché sono convinto che gli azzurri possano fare una buonissima figura sperando di ribaltare la sconfitta di San Siro, e ci sarà anche al prossimo Mondiale. A patto di continuare su questa strada».

Dall’esito della doppia sfida coi tedeschi in Nations dipende il nostro cammino verso Usa 2026. Se passiamo, ci aspetta un girone a quattro con la Slovacchia, in caso di eliminazione il girone avrà una squadra in più e ci toccherebbe la Norvegia di Haaland.


«Capisco che, dopo due Mondiali vissuti da spettatori, l’ansia da prestazione possa essere un nemico pericoloso, ma al tempo stesso mi chiedo: l’Italia deve temere avversarie così? Occorre ritrovare l’orgoglio che ci ha sempre spinto avanti nelle grandi competizioni e avere fiducia nei nostri giocatori, alcuni dei quali sono di altissimo livello. Abbiamo una qualità media nell’organico, ma Spalletti ha tra le mani anche dei signori giocatori».

Chi mette in prima fila?

«A centrocampo siamo messi bene. Barella è una delle mezze ali destre più forti al mondo, Tonali ha ritmo e polmoni da Premier: gioca a una velocità diversa da tanti colleghi del campionato italiano, come Calafiori più indietro. E poi Donnarumma, un top tra i pali. Aggiungo Dimarco, che in questa doppia sfida di Nations purtroppo è infortunato. Sono loro i leader che dovranno prendere per mano i compagni e trascinarli».

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Dopo l’Europeo, lei aveva avvisato Spalletti: «Guidare una nazionale e guidare un club sono due mestieri diversi». Adesso lo vede più calato nella parte?

«Sì, e mi sembra anche che i giocatori abbiano recepito i suoi insegnamenti, c’è una sorta di contaminazione reciproca. Questa Nazionale ha voglia di giocare e mostra più coraggio che in passato. Poi certo, alcune cose vanno migliorate...».

Qualche esempio?

«Per restare all’1-2 dell’altra sera, la precisione sotto porta. L’Italia si è costruita le sue palle gol, ha tirato nello specchio anche più della Germania, ma loro hanno sfruttato meglio le occasioni».

Quanto ha pesato l’assenza di Retegui?

«A me non è dispiaciuta la prestazione di Kean, ha messo in campo l’attitudine giusta. Come pure Maldini quando è entrato: le qualità tecniche non si discutono, però con la Germania l’ho visto finalmente cattivo, aggressivo. Il lavoro con Gasperini all’Atalanta lo sta facendo crescere sotto questo punto di vista, è andato a scuola da un professore».

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Le palle inattive invece rimangono un tasto dolente della fase difensiva azzurra: otto degli ultimi nove gol subiti in Nations sono maturati dopo calci piazzati.

«Un problema cronico, ormai. Con i tedeschi era una questione di centimetri, certo, ma la statura non è l’unico fattore che incide. È anche e soprattutto questione di atteggiamento, di come si marca. Ecco, l’Italia soffre e bisogna lavorarci: abbiamo difensori bravissimi con la palla tra i piedi, penso a Bastoni, Di Lorenzo e Calafiori, però nell’uomo contro uomo non è la stessa cosa. Manca quello che è Acerbi con l’Inter, per capirci».

Altri difetti da correggere?

«La velocità: sarò ripetitivo ma insisto, in Serie A si gioca a un ritmo troppo lento. E le tantissime interruzioni arbitrali di certo non aiutano. Non è un caso che quando varchiamo i confini del nostro campionato, andiamo spesso in difficoltà».

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