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L’impressione è che con Fonseca non tutto fili per il verso giusto. Che idea si è fatto?
«Non conosco il loro rapporto personale, e dunque mi è difficile giudicare. Però ripesco un ricordo dalla mia storia personale: quando ero a Parma, nella seconda stagione, il pubblico mi fischiava e l’allenatore, che era Carlo Ancelotti, non mi sostituiva mai per far capire, agli spettatori e a me, che lui credeva nelle mie qualità. Per me è stata una grande iniezione di fiducia, dato che ero giovane e dovevo ancora completare il percorso di crescita. Nel caso di Leao, invece, mi sembra che Fonseca lo abbia sostituito senza farsi troppi problemi, e poi il Milan ha vinto la partita contro il Bruges. Ecco, questi segnali vanno interpretati con attenzione. E il primo a doverlo fare è proprio Leao».
Ma il Milan non farebbe meglio a separarsi da Leao?
«Non entro nelle dinamiche del mercato, anche perché non conosco il tipo di contratto del portoghese. Di certo, se va avanti così, Leao non è un valore aggiunto per la squadra. E questo è un peccato perché ha grandi mezzi e grandi potenzialità. Solo che non è ancora riuscito a fare il salto di qualità. E badate che non lo ha fatto con il Milan, ma nemmeno con la nazionale».
Da che cosa dipende questo ritardo di maturazione?
«Ci sono giocatori che si fermano proprio poco prima di diventare campioni. Ne ho conosciuti parecchi. Mi auguro che non sia il caso di Leao, ma di sicuro deve tirare fuori qualcosa dal suo carattere per riuscire a svoltare. La differenza tra un buon giocatore, direi un ottimo giocatore qual è Leao, e un campione è abbastanza semplice: la continuità. Leao fa cose meravigliose per due o tre partite, e poi stacca la spina. Il campione è campione sempre, persino quando gioca al di sotto del suo livello standard. È un punto di riferimento per la squadra, sai che lui c’è e ci sarà sempre. Di Leao, prima che scenda in campo, possiamo dire che c’è e ci sarà sempre?».
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