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Quando l’ad Galliani si è fatto risentire l’estate scorsa come è andata?
«Ho percepito la sua voglia di avermi ancora. E per me questo club è sempre stato la prima scelta, in testa avevo solo di tornare».
Si aspettava di stare al Milan?
«È una questione di scelte che rispetto».
Ha mai pensato di togliere il cognome dalla maglia e mettere solo Daniel? Lo fece il figlio di Cruijff per esempio...
«Mai. E più ci pensi, peggio è. Sono pensieri che lascio agli altri».
Il Monza sta ancora cercando la prima vittoria in campionato nonostante buone prestazioni: cosa sta mancando?
«Un pezzetto ogni volta, su questo stiamo lavorando per aggiungerlo. Le vittorie arriveranno, solo per dettagli abbiamo perso punti e adesso è arrivato il momento di spingere e recuperare».
Con Nesta come si trova?
«Mi chiede molto, ma è normale. C’è bisogno di tutti e di fare anche corse di sacrificio».
Lunedì la trasferta di Verona e domenica prossima il Venezia: scontri diretti che diranno molto?
«Speriamo di sì in senso positivo. Anche se veniamo da partite fatte bene come l’ultima contro la Roma. Confidiamo di continuare così e di trovare quella scintilla che ci manca. In A ogni gara è da 1x2, non c’è una squadra cuscinetto e si può fare punti con tutti».
Dal 2020, quando ha esordito in A, a oggi com’è cambiato?
«Ho acquisito più consapevolezza dei miei mezzi. Questo mi fa rendere di più».
C’è chi dice che nemmeno lei sia consapevole pienamente dei mezzi che ha disposizione...
«(Sorride, ndr) Dovrei esserlo di più, vero...».
L’esperienza cosa le porta?
«Mi aiuta a bloccare il tempo, a riflettere su quello che è più giusto fare per il mio bene».
È autocritico?
«Forse anche troppo».
Cosa chiede a se stesso?
«Di non fermarmi, non voglio sedermi».
Al termine di questa stagione lei sarebbe felice se...?
«Se il Monza si salvasse, magari in anticipo, e se andassi in doppia cifra di gol o di assist... o anche combinati».
Convocazione ed esordio con l’Italia in pochi giorni...
«Avevo una serie di emozioni che è difficile da descrivere. E’ bello stare lì, a Coverciano, e vestire la maglia azzurra. Lavoro per tornarci e restarci. La prima convocazione è stata un punto di partenza, ora si pensa ad arrivare più in alto possibile».
Se l’aspettava la chiamata?
«E’ stata inaspettata. La notizia me l’ha data Adriano Galliani, era felicissimo anche lui e mi ha detto che per la prima volta tre giocatori della stessa famiglia avrebbero vestito la maglia azzurra».
Che cosa le avrebbe detto nonno Cesare?
«Sarebbe stato felice per me».
E papà Paolo cosa le ha detto?
«Non servono parole, ci capiamo con uno sguardo».
Lei è più timido o riservato?
«Un po’ entrambe le cose, ma non si tratta né di maleducazione né tantomeno di disinteresse».
Il rapporto con il telefono?
«Ci sto tanto, ma rispondo poco ai messaggi: sembra un paradosso, ma è così. Colpa mia... Però a Galliani rispondo sempre!».
Meglio il gol o l’assist?
«Il gol... anche se dovrei fare più assist... ci sto lavorando...».
Ammira un giocatore attuale?
«Mi piace moltissimo Musiala del Bayern Monaco».
Quanto conta l’applicazione nel calcio?
«Conta stare sul pezzo senza distrarsi, ci vuole anche un po’ di fortuna. Un po’ ci si crea l’occasione, non si arriva per caso».
Nella sua vita c’è sempre stato solo il calcio come sport?
«Il tennis come passatempo estivo e il tennistavolo, in quello me la cavo bene».
E che cos’è per lei il calcio?
«E’ stare bene, è essere felice. E’ condividere con i compagni una passione che è diventata lavoro. Siamo dei privilegiati e a volte non ce ne rendiamo conto».
Mamma Adriana è ansiosa?
«Credo che solo da un anno non mi dica più di asciugarmi bene i capelli dopo la doccia... (ride, ndr ). Ma è giusto così, la mamma è la mamma».
Dove si vede tra 20 anni, dopo il calcio?
«Tra Milano e un posto di mare perché mi dà serenità , con i miei amici di sempre».
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