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RIGORE DECISIVO SBAGLIATO A EURO 2016 - «Tutti si ricordano quei rigori solo per Pellè e Zaza? Eh… ho avuto un po’ di fortuna. È stato un momento non facile, si era creata un’alchimia perfetta in squadra e stavamo facendo un percorso incredibile, uscire così non è mai bello. I rigori sono sempre 50/50, ovviamente non sono un grande rigorista! Sono momenti che ti fanno comunque crescere e sappiamo benissimo che le critiche fanno parte del nostro mondo, ovviamente quello che cerco di fare io è prenderle nel modo giusto, soprattutto se costruttive. Sappiamo che tanti si divertono solo a scrivere e quello non fa piacere, ma fa parte del nostro mondo e dobbiamo saper trasformare queste critiche in commenti positivi attraverso il lavoro quotidiano».
PORTAFORTUNA NELLO SPOGLIATOIO - «I miei compagni dicono che porto fortuna. Anzi, che ho proprio c*lo! A un certo punto della partita ho provocato un rigore. Ma i miei compagni erano sereni: ‘L’ha fatto Darmian, lo sbaglia sicuro!’. E alla fine Henry lo ha sbagliato veramente! Quella partita è stata una montagna russa ed è stata fondamentale per la vittoria della Seconda Stella. Alla fine è andato tutto bene… un po’ per merito nostro, un po’ per merito della mia fortuna dai (ride)! A parte gli scherzi, credo che uno la fortuna la attiri e la crei sulla base di quello che è tutti i giorni».
AVVENTURA ALLO UNITED - «Quando ho firmato con lo United, ho scoperto che in trasferta i familiari non hanno un posto riservato ma vanno in mezzo ai tifosi. La prima partita era proprio il derby contro il Liverpool. Dissi alla mia compagna: ‘Guarda, è una partita molto sentita, vuoi venire comunque?’. E lei sì: ’Sì, certo, ci tengo’. Si è messa in macchina con la guida a destra ed è andata nel settore ospiti con i tifosi. A un calciatore la cultura calcistica inglese dà meno pressioni. Durante la settimana si parla meno di calcio, il weekend e l’andare allo stadio sono più importanti».
MONDO MEDIATICO IN PREMIER - «Appena sono arrivato a Manchester, ho scoperto un mondo completamente nuovo. In Italia erano pochi i calciatori ad avere i social: in Inghilterra il primo giorno mi dissero subito di aprire il profilo Instagram e che avrei dovuto partecipare a iniziative commerciali. Quello che ora ci sembra normale, prima non lo era. C’erano tante iniziative commerciali, era un altro mondo rispetto a quello a cui ero abituato. Negli anni successivi arrivarono anche Pogba e Ibrahimović, che a livello mediatico erano delle super star».
ADOLESCENZA AL MILAN - A scuola ero secchione? Eh… un po’ sì! Sono cresciuto in una realtà di paese, a Rescaldina. Poi sono entrato nel settore giovanile del Milan, che è stato una scuola di vita. Il comportamento era fondamentale, volevano che tu portassi avanti di pari passo il calcio e la scuola. Sappiamo tutti quanto sia difficile emergere a grandi livelli. I miei genitori me lo dicono sempre: ‘Siamo stati fortunati, eri proprio un bambino tranquillo’. Anche adesso ho passioni come il design e l’abbigliamento. Da bambino mi fecero un questionario: ‘Cosa vuoi fare da grande?’. Scrissi ‘Il pizzaiolo’… ma non so perché, forse perché mi piace mangiare la pizza.
MODELLI - [domanda] In una recente intervista, Barella ha detto che ogni giovane calciatore ha un momento in cui si rende conto che deve guardare gli altri. Tu chi hai guardato? [risposta] «Sono cresciuto in uno spogliatoio di mostri sacri, dentro e fuori dal campo. Come giocatori e come uomini. Ma lo spogliatoio è cambiato poco: la voglia di stare insieme c’è anche con questa generazione. La base è avere un gruppo sano. Anche per questo io cerco sempre di essere accomodante con i nuovi. L’ho vissuto quando sono andato in Inghilterra con gli stranieri: appena arrivano, chiedo se hanno bisogno di qualcosa. Dalle cose base: gli consiglio ristoranti o posti in cui possono andare. Ci sono passato anche io, dovendo imparare l’inglese per poter comunicare con gli altri. So quanto è difficile integrarsi in un altro paese».