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«Un po’ di fortuna, la crescita dei giocatori, soprattutto più maturità. Che vuol dire essere stati in grado di vincere partite che in passato avremmo perso».
La vostra forza è sempre stata l’umiltà: oggi è più difficile essere umili?
«Sì, certo. Ci chiedono se giochiamo per lo scudetto: noi quella parola non la diciamo, ma è difficile negare che sei lì e usi cliché tipo: “È ancora lunga...”. Ma arriverà un momento in cui dovremo dire: ecco i nostri obiettivi. Ancora no: io vedo ancora l’Inter come la più forte».
Ha mai dovuto rimettere i piedi per terra a un compagno?
«Dubito servirà: ci pensa il mister... A Cagliari abbiamo vinto e ci ha detto solo: non è questo il livello che dobbiamo mostrare, per arrivare in alto».
È cambiato qualcosa nel vostro gioco?
«I principi sono sempre gli stessi, oggi ci mettiamo ancora più gamba e fisicità. E quando tornerà Scamacca, avremo ancora più opzioni offensive: potrà essere importante se talvolta non dovessimo riusciremo a giocare bene come stiamo facendo».
Di sicuro non prendete più tanti gol “facili”.
«Siamo molto più solidi. E completi. Contro l’Inter la linea a tre dietro era: io, Djimsiti e Ruggeri. Oggi con il recupero di Scalvini sono in sei-sette per tre maglie. E gli attaccanti hanno capito che il loro primo compito è difensivo: ci aiuta tanto».
Insidie della partita di domenica con l’Empoli?
«Giocano un bel calcio. Può essere un vantaggio perché lasciano più spazi, ma vuol dire che hanno la forza di attaccarti, giocatori che hanno gol nelle gambe. E Anjorin lo vedo come un giovane Ederson, sarà un bel duello».
L’ultima: se qualcuno di voi nello spogliatoio pronuncia la parola scudetto, cosa succede?
«Che tutti gli diciamo di stare zitto. Ma non lo ha fatto ancora nessuno: tutti forse lo pensano, ma nessuno lo vuole dire. Se ad aprile saremo ancora lì, ne potremo parlare».
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