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Ci ripensa, ogni tanto?
«Certo. E un grande rimpianto. Ogni tanto su Instagram mi appare l'azione del gol del City, io scrollo subito, non riesco a guardare. Vedendo quella partita, intendo dire vivendola da dentro, ho avuto forte la sensazione che avremmo potuto farcela. Ed è questo che mi lascia un senso di amarezza».
Tutti volevano Lukaku in campo, in quelle settimane. Poi Inzaghi puntualmente schierava Dzeko. Lei come la viveva?
«Mah, tutti possono parlare... Però io dico: secondo voi un allenatore mette in campo un giocatore che è meno forte di quello che va in panchina? E poi lo fa nella finale di Champions? lo ero tranquillo, sapevo cosa potevo dare all'Inter. Certo, alla fine Lukaku sarà stato dispiaciuto di non partire titolare, è normale. Però poi entri e fai la differenza, se riesci: anche lui ha avuto 30 minuti a disposizione, è entrato sullo 0-0 e poi...».
Lei ha sfiorato scudetto e Champions con l'Inter. E con la Roma non è riuscito ad alzare trofei. Ci spiega qual è la differenza tra vincere e non riuscirci?
«Sicuramente alla Roma sentivo che sarebbe stato più difficile vincere rispetto a quel che invece ho avvertito nell'Inter. Sullo scudetto sfumato in nerazzurro, dico che è mancata un po' di convinzione, arrivata dopo Istanbul. E poi quell'anno abbiamo cercato di tenere in piedi tutte e due le competizioni, Champions e campionato. Mi riferisco alla gara di Liverpool, ci portò via tante energie per il mese successivo: avessimo dato più attenzione alla Serie A, sarebbe andata diversamente. Potevo festeggiarla pure io, la seconda stella...».
Risposta secca: meglio la coppia Dzeko-Salah o Lautaro-Thuram? (ride)
«Eh...mica posso dire che io sono più forte di un altro, non va bene... io e Salah abbiamo avuto un grande feeling, credo che qualcosa di mio lo abbia anche aiutato per arrivare ai livelli poi dimostrati. La ThuLa? I migliori in Italia. E Thuram mi ha sorpreso tantissimo».
Cosa c'è di Edin, in questo Lautaro?
«Devi chiedere a lui... lo e Lauti abbiamo un ottimo rapporto, ancora oggi lo sento. Dopo il mio addio è diventato capocannoniere, forse un po' di mio gliel'ho lasciato. La verità è che i giocatori forti in campo si capiscono subito. E per entrambi, è stato facilissimo intendersi. Dunque...».
Merita il Pallone d'oro, come dice Messi?
«Sì. È stato decisivo per lo scudetto, decisivo per la Coppa America, è giusto che sia tra i candidati».
Mancava Mourinho, alla sua lista di grandi maestri.
«Per la verità, l'ho avuto anche alla Roma per un mese, prima di andare all'Inter. Non fu felice della mia partenza e me lo fece "sentire". Ci sono state cose che non dipesero né da lui né da me, all'epoca. José è un uomo e un grandissimo allenatore dal carisma incredibile. Anche da avversario, quando lui parlava, io ero lì ad ascoltarlo. La sua parola ha un valore enorme. E sono molto orgoglioso di essere allenato da lui qui al Fenerbahce».
Il maggior pregio di Inzaghi?
«Ogni anno vince qualcosa... Sa cosa? Sa coinvolgere tutti nel progetto, anche chi non è titolare. Non è semplice, specie in spogliatoi con grandi campioni. Tutti o quasi gli vogliono bene».
Chi trionfa in Serie A?
«Io spero l'Inter, è ancora la migliore, anche se quest'anno i miei ex compagni stanno dando maggiore attenzione alla Champions. E poi il Napoli è già entrato nella "modalità Conte": lui porta sempre tutti al massimo delle possibilità. Sì, ci siamo sfiorati diverse volte: è stato un peccato non essere stato allenato da lui».
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