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Giacinto Facchetti: ricordi e aneddoti di Gianfelice, Picchi, Poretti e Bertolino

Gianfelice Facchetti ha presentato, in occasione del Book Pride, il libro "Facchetti. Le figurine del Capitano"
Sabine Bertagna Vice direttore 
Giacinto Facchetti: ricordi e aneddoti di Gianfelice, Picchi, Poretti e Bertolino- immagine 2

Gianfelice Facchetti ha presentato, in occasione del Book Pride, il libro "Facchetti. Le figurine del Capitano". Una figurina calcistica e romantica della leggenda dell'Inter, uscito per Garrincha (casa editrice di Napoli). E Napoli nella storia di Giacinto ricorre spesso, racconta il figlio Gianfelice: "Napoli nella carriera di papà ha portato sempre bene. Segnò il primo gol contro il Napoli su assist di Armando Picchi. Dopo tanti anni a Napoli è stato posato un mattone per ristabilire un po' di ordine e verità. Nonostante ogni tanto si leggano sciocchezze e mistificazioni. A Napoli è arrivata la sentenza definitiva che il calcio era in mano ad una banda di persone poco raccomandabili. C'è un aspetto romantico che mi faceva gole rispetto alla collana delle figurine nella quale è uscito questo libro. Un anno mia moglie mi regalò un raccoglitore fatto solo di figurine di mio padre. Come nella canzone di Elio, solo figurine di Facchetti".

"Continuiamo a cercare figurine e continuiamo a trovarne. Siamo arrivati a 500 immagini. Caricature, foto di squadra. Il viaggio per recuperare le figurine di mio papà? Il libro ha preso forma in tempo abbastanza breve. Prendere il raccoglitore, sfogliarlo e scegliere 18 figurine. La cosa curiosa è che quando ti fissi su qualcosa trovi le cose in maniera sorprendente. Trovai una figurina in un cassone di un camion, c'erano vecchie Gazzette. Vedo figurine e salta fuori un'edizione speciale Panini. Una alla quale sono molto affezionata la prima dell'Inter '61-'62. Mi arrivò una lettera in quegli anni difficili (di Calciopoli, ndr) dal signor Luigi Tassi che era il custode del campo di allenamento di San Pellegrino dove l'Inter faceva il ritiro. Lui curava il prato. La prima cosa che gli chiedeva era che tempo facesse. Mi ha mandato una lettera scritta a mando stupito dell'attacco orchestrato ai danni di mio padre e mi allegava la sua figurina in mezzo a questi fogli".

"Mi scrisse: "Prendi quel ritaglio e se dovessi leggere cose che ti fanno venire dei dubbi, tu guarda la faccia e gli occhi di tuo padre". Sono storie che le figurine aprono e raccontano. Ai tempi non c'erano tutte le immagini e le riprese televisive che ci sono ora. Io e Leo Picchi ci siamo incontrati in una corsia d'ospedale, subito dopo la morte di mio papà. Un anno Armando non venne convocato in Nazionale. Lo invitarono a commentare quel Mondiale come inviato. La squadra venne accolta con pomodori e fischi. Dopo ogni sconfitta c'era qualcuno che cercava di confortare la squadra. Mio papà racconta che Armando, non convocato, va a incoraggiarlo. E gli dice che la Corea sarebbe passata. In questi risvolti trovi l'aggettivo grande. La Grande Inter non solo perché aveva vinto ma per quello che ci stava dietro".

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