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Sfidava il potere e ci si infilava in mezzo.
«Avevo Maradona e una grandissima squadra. Ci rifacemmo nel ‘90. Fu una sottile vendetta».
Napoli e Inter non se le mandano a dire.
«Ci sta, appartiene alle regole non scritte del gioco. E comunque è stato meglio mettere in chiaro che quel rigore fosse assai dubbio».
Al centro del ring, Conte e poi De Laurentiis hanno sistemato il Var e l’utilizzo che se ne fa.
«Avercelo ai miei tempi! Come si fa adesso a sbagliare, con a disposizione la tecnologia?».
Per Marotta è stato giusto concederlo.
«Non mi scandalizza che lo pensi. Ognuno vede alcune situazioni a modo proprio. Alla fine Calhanoglu l’ha sbagliato, bene così, anzi benissimo».
Dichiarazioni che sanno di “strategia”, da una parte e dall’altra.
«Appartiene alle dinamiche del calcio. Ma adesso c’è assai meno politica rispetto ai miei tempi. Io ero Consigliere Federale, sedevo alle riunioni al fianco di Boniperti e del capo degli arbitri».
E parlava poco.
«Comprendo De Laurentiis, che ha voluto far sentire al suo allenatore la propria presenza».
Per tornare a Napoli e Inter, eravate ben dentro un braccio di ferro...
«Il nemico giurato, se vogliamo una definizione forte e comunque limitata al campo, era diventato il Milan di Berlusconi. Poi c’era la Juventus».
Come finisce stavolta?
«Ho chiamato il Padreterno, non m’ha saputo rispondere».
Ci provi lei...
«Mi piacciono tante cose di questa squadra, che è solida, concreta, piena di calciatori importanti e con una figura dominante: l’allenatore. Prendere Conte è stata la migliore scelta che De Laurentiis potesse fare».
Sempre innamorato di Kvaratskhelia?
«Salta l’uomo, vede la porta, propone assist, diverte. È un calciatore che ti conquista».
Non rientrava tra gli spasimanti di Lukaku, una volta.
«Ma non indossava la maglia del Napoli. Ora certo che mi piace, non scherziamo».
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