Alberto Gilardino, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha parlato così della sua esperienza al Genoa ma non solo:


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Gilardino: “Scudetto? Napoli forte, Inter di più. Balotelli? Gli auguro di…”
«Un viaggio incredibile da un punto di vista professionale e umano, ricco di soddisfazioni, di emozioni e di esperienze. L’esonero non macchia la storia, anche se mi ha lasciato grande amarezza: fa parte del nostro mestiere e anche da queste delusioni si devono trarre insegnamenti. Presi la squadra in corsa dalla Primavera e tornare in A dopo solo un anno dalla retrocessione non era scontato. Ci siamo riusciti anche grazie alla grande coesione tra club, squadra e tifosi. Ed è stato il segreto anche della salvezza con l’undicesimo posto e 49 punti: record di sempre del Genoa da neopromosso. Ma al di là dei risultati per un tecnico è importante il percorso, la crescita, il lavoro svolto per il club anche a livello di valorizzazione della rosa. Mi permette di farle un po’ di nomi?».
Prego...
«In serie B nel 2022-23 abbiamo fatto esordire dal settore giovanile Boci (un 2003) Accornero (‘04) Lipani (’05), Agostino (’02). In A nel 2023/24 è stato il turno di Fini (’06) e Papadopoulos (’04) e quest’anno nel 2024-25 Ekhator (’06), Honest (’08), Masini (’01) Kassa (’05) Accornero (’04) Marcandalli (’02) e Matturro che non era nel settore giovanile nostro ma è pur sempre un 2004. Poi c’è la valorizzazione di giocatori importanti come Dragusin, Martinez, Retegui e Gudmundsson che sono stati venduti».
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E che hanno portato nelle casse del Genoa quasi 100 milioni. Sull’esplosione di quale di loro pensa di aver influito maggiormente?
«Direi Gudmundsson. Perché quando sono arrivato, non giocava quasi mai. Per lui ho cambiato l’assetto tattico, da “solo esterno” abbiamo lavorato per portarlo dentro il campo e lasciargli libertà assoluta nella tre quarti avversaria, consentendogli una crescita continua».
Si aspettava l’esplosione di Retegui all’Atalanta?
«Sinceramente sì, per due ragioni. La prima è che Mateo quando è arrivato al Genoa dall’Argentina praticamente non si è mai fermato, ha giocato ininterrottamente e a livello fisico un po’ questo ha pesato, ma si vedevano tutte le qualità del bomber. La seconda è che al riposo estivo si è unita la possibilità di trovare un maestro come Gasperini che lo sta perfezionando in tutto e i risultati si vedono».
Forse lei è stato fin troppo bravo a valorizzare questi giocatori, lo fosse stato meno magari sarebbero rimasti a Genova e lei non si sarebbe ritrovato senza attaccanti.
«Certe cessioni sono inevitabili per le casse del club e non sempre è facile trovare sostituti subito pronti a non farli rimpiangere, ma noi abbiamo pagato soprattutto i tanti infortuni di giocatori su cui facevamo affidamento. In più, circolavano tante notizie destabilizzanti sulle difficoltà economiche della proprietà. Nonostante questo, non ho mai cercato alibi e con i ragazzi rimasti a disposizione abbiamo provato a tenere duro, perché era il momento di stringere i denti. Mi spiace, sinceramente, essere stato esonerato dopo una vittoria in trasferta e un pareggio, quando si stavano recuperando gli uomini e ormai si vedeva la luce in fondo al tunnel».
Lei volle Balotelli, ma non ha avuto il tempo di testarlo. Mario è stato fino all’ultimo sul punto di partire in questo mercato.
«La scelta di prendere Balotelli era una sfida per entrambi e avrei provato a vincerla. Nell’ultima fase della mia carriera da giocatore ho ricevuto tante porte chiuse in faccia. So che rabbia e voglia di rivincita possano esserci in un atleta che sente di avere ancora qualcosa da dare. Avevo percepito questo in Mario. Gli auguro di riuscire a dimostrarlo».
Uno sguardo sull’attualità: chi vince lo scudetto?
«Posso dire quale sarà il podio: Conte è un perfezionista, il suo Napoli è primo con merito. Ma l’Inter è la squadra più forte: Inzaghi è un tecnico pragmatico che stimo moltissimo. L’Atalanta romperà le scatole a entrambe fino alla fine, Gasperini è un genio, ogni anno inserisce qualche situazione tattica diversa».
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