Il calcio è stato una specie di medicina per lei?
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«Il sogno di diventare calciatore come mio padre l’ho sempre avuto. Ma a 15 anni ho fatto una settimana in prova al Boca Juniors e mi hanno cacciato, dicendomi che non avevo né velocità, né potenza. Quando sono tornato a Bahia Blanca ho detto a papà che volevo divertirmi, lasciare il calcio e cominciare a lavorare. A fine anno è arrivato il Racing, offrendomi un altro provino: ho detto se mi volete vengo, ma prove non ne faccio più. E mi hanno preso».
Poco dopo la famiglia le ha tenuto nascosto i problemi di salute di suo fratello maggiore.
«Sì, questo le fa capire quanto i miei genitori hanno protetto il mio sogno di diventare calciatore professionista. Mi hanno avvertito quando era già uscito dall’ospedale. E dopo due anni di cure tutto si è risolto. Lui ha dieci mesi più di me, siamo legatissimi e quando io sono andato via da casa ha sofferto tantissimo».
A 18 anni lei era una testa calda e ha dovuto lavorare con gli psicologi.
«All’esordio in prima squadra ho preso due gialli in due minuti per due scivolate: vivevo tutto come una battaglia, perché volevo sempre dimostrare qualcosa. Gli psicologi mi sono serviti tantissimo: a essere più tranquillo, a pensare due-tre secondi in più alle cose e anche nel dialogo con l’allenatore. Dettagli che fanno la differenza».
È uno dei pochissimi calciatori che vive a Brera, nel cuore di Milano. Come si trova?
«È molto comodo per me, anche perché gestiamo un ristorante lì vicino. Esco poco, vado al parco coi bambini, cerco di frequentare posti riservati, perché non è facile girare tra la gente. Sono stato in cima al Duomo per il film sullo scudetto ed è stato bellissimo».
Si è lanciato nella produzione di vino in Argentina, ma il sommelier Barella ne ha certificato la qualità?
«Non ancora (ride), ma è una cosa in cui credo molto. Non l’ho mai detto a nessuno, ma quando ero al Mondiale due anni fa ho perso tutta la vendemmia per un incendio nel deposito: ventunomila bottiglie sono andate in fumo! Me l’hanno raccontato solo a torneo finito, per non farmi perdere la concentrazione. Ma anche queste sono esperienze che ti rafforzano. E i progetti attorno ai vigneti a Mendoza crescono: ci saranno albergo, spa, palestra, negozio».
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