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Quand’è che vi siete detti: "Stavolta si può fare"?
"A metà dicembre, dopo quel Cagliari-Lazio finito 1-2 con gol di Caicedo al ‘’97. Chiudemmo l’anno con otto vittorie di fila, più la vittoria contro la Juve in Supercoppa Italiana. In casa, poi, eravamo unici. A fine primo tempo la partita era già finita. Il bello è che dopo Natale abbiamo continuato a vincere, a vincere, a vincere, poi…".
Il bello è che nel 2016 pensò addirittura di smettere.
«Avevo già fatto i bagagli. Non giocavo mai, e quando entravo facevo l’esterno. Un ruolo mai coperto in vita mia. Così dissi a mio suocero e al mio agente che a gennaio sarei tornato a Siviglia senza dire niente a nessuno. Quest’ultimo mi spinse a chiamare il mio vecchio mental coach del Barcellona B, Juan Campillo…".
E alla fine rimase a Roma.
"Mi ha cambiato la carriera".
Anche Inzaghi, forse.
"Senza di lui sarei tornato in Spagna. Nel 2017 gli chiesi di andare via, ma si oppose".
Dica la verità: le ha mai chiesto di venire all’Inter?
Sorride. "No, no".
Litigi da raccontare?
"Nessuno, mi conosceva. Quando avevo una giornata no mi invitava ad andare a casa".
In cosa è il numero uno?
"Nel gestire le persone. Una volta mandò a casa un giocatore perché aveva un problema familiare. A uno così dai tutto".
In Europa è a livello dei big?
"Già lo è. E da quando è all'Inter è cresciuto molto".
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