Trent’anni dopo, si è mai pentito di quell’acquisto, di aver restituito l’Inter alla famiglia di papà Angelo?
"Sinceramente? No, mai. Almeno per ora, almeno finora. Però, vuol sapere una cosa buffa? Si è pentita la mia signora. Fosse per lei, dovrei ricomprare la Beneamata qui e ora".
Beh, con tutto il rispetto per il fondo Oaktree, attuale proprietario dell’Inter, io sto con sua moglie.
"Eh, vede, semplicemente è cambiato il mondo, non solo il tempo. Io sono stato tra i primi a cedere all’estero, quando vendetti l’Inter a Thohir, l’indonesiano… Avevo visto cosa stava accadendo nella Premier inglese. L’esplosione dei costi, la globalizzazione dei capitali, eccetera. Era ed è una tendenza impossibile da contrastare, o quasi".
Ma lei, almeno lei, non ha nostalgia di un calcio in cui il patron era il primo tifoso del club che presiedeva?
"Come si fa a non avercela, la nostalgia? Sentimentalmente era più bello una volta. Però bisogna essere realisti. In Inghilterra i padroni sono appunto tutti stranieri e la Premier è bellissima. Bisogna evitare i luoghi comuni. Giusto per fare un esempio, quelli di Oaktree all’Inter si stanno dimostrando bravissimi. Dopo di che…".
Dopo di che?
"È giusto ammettere che a livello emozionale c’è una differenza. Non necessariamente negativa. Mi spiego: meno conosci il proprietario e più da tifoso ti appassioni alla squadra, ti identifichi con il valore ideale del club".
Ne deduco che lei è sempre interista.
"Certo, ci mancherebbe".
(Fonte: Quotidiano Sportivo)
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