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«Ero ingenuo, un “bambacione”. Finii dentro quella brutta storia. Solo il grande presidente Viola fu gentile con me. Gli altri? Spietati. Tornai a casa: i giornalisti, la vergogna con la gente di Blera. Mesi d’inferno. Ma divenni uomo. Non mi fidai più di nessuno. E poi squillò il telefono».
Chi c’era dall’altra parte?
«Montezemolo. Mi voleva la Juve: tornai a vivere. Ma poi quella Juve lì saltò per aria e pensai: è finita anche stavolta. Invece Boniperti mantenne la parola e mi chiamò a Torino. Peruzzi, mi disse, capelli corti, vestiti civili. Lei pensi a giocare a tutto il resto pensiamo noi».
E lì vinse tutto
«Campionati, la Champions, le coppe internazionali. Anni stupendi, grandi soddisfazioni».
E Peruzzi che diventa il portiere più forte del mondo.
«Ma non scherziamo, dai. Prima c’era Zenga, molto più bravo di me. E poi io ho sempre visto gli altri parare meglio. Toldo, Pagliuca. In Under 21 Antonioli faceva parate che io nemmeno immaginavo».
Vabbè, andiamo avanti: dalla Juve all’Inter.
«Seguo Lippi, ma si fanno male Ronaldo il fenomeno e Vieri. Io paro, ma l’anno è deludente».
E la chiama la Lazio.
«Cragnotti, lo scudetto che avevano appena vinto, trenta chilometri da Blera: come potevo dire di no. Sono stato benissimo, anche se poi il club fallì e Lotito ci spalmò i contratti. Ma ero sereno. Stavo bene. Anche se i romanisti dicevano che ero diventato laziale e i laziali che ero romanista».
Prima dell’addio, il Mondiale 2006: Lippi la sceglie come vice di Buffon, ma di fatto un vero team manager.
«Ma no, andai perché volevo giocare. Abbiamo vinto quel Mondiale per due ragioni. La rabbia di molti per la storia di Calciopoli che ci aveva sputtanato a livello internazionale. E quelli che non giocavano o giocavano poco: davamo il massimo in allenamento. Fu quello il segreto del gruppo».
Già, Calciopoli.
«Non discuto le sentenze. Ma Moggi io me lo ricordo bene: tutti lo cercavano, tutti chiedevano consigli, tutti volevano essere come lui».
E oggi? Chi para meglio?
«Sono tanti. Sono bravi. Ma sto gioco dal basso mi fa ridere. Dice: serve per fare gol. Se non sbagli però. Se qualcosa va male, hai il nemico in casa. Ma siamo matti?».
Chi vince lo scudetto?
«Non so. Posso dire che Antonio (Conte, ndr) ha una fede dentro che fa la differenza. Vive per quello. Tutti i giorni, sempre».
Un rimpianto?
«Capello mi voleva al Real. A Madrid sarei andato volentieri. Ma poi lui è stato lì solo un anno».
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