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Un esempio per attualizzare il concetto?
—«Ho l’impressione che Motta, che è un allenatore molto bravo, nella Juve fatichi a estirpare il concetto secondo cui vincere non è importante ma è l’unica cosa che conta. Motta se la deve vedere con 50 anni di tradizione diversa dalle sue idee».
Il Napoli di Conte?
—«Vive attraverso la ricerca del perfezionismo di Antonio»
E l’ottimismo della ragione di cui mi parlava all’inizio da dove le deriva?
—«Da segnali importanti. Ho visto alcune partite della Lazio e sono rimasto colpito e affascinato dal calcio di Baroni, espressivo e mai individualista».
Vuole dire che il calcio italiano reduce da due mondiale saltati si sta davvero risvegliando?
—«In parte sì. Si costruisce sempre con delle idee. Ora ne vedo qualcuna in giro: il Lecce ne sta proponendo di interessanti. Anche l’Empoli. Lo stesso Bologna post-Motta».
Quello che succede nel Milan attuale cosa le suggerisce?
—«Forse guardano troppo alle gambe dei giocatori, a quello che sanno fare, e poco alla testa. Io ho sempre valutato prima la testa».
Nostra idea: come filosofia, questa Atalanta dell’Ego di Bergamo (il Gasp), si avvicina molto al suo Milan.
—«L’Atalanta sta facendo qualcosa di grandioso: può vincere lo scudetto anche se, nella mia considerazione, l’ha già vinto. Il merito è di Gasperini perché propone un calcio coraggioso e d’avanguardia».
Ma la più forte resta l’Inter?
—«Ha due giocatori per ogni ruolo, una ricchezza notevole».
(Libero)
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