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Sensini: “Bayern non contento di affrontare Inzaghi. Peccato per Lautaro, mi godo Thuram”

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex compagno di Conceicao e Inzaghi alla Lazio ha parlato dei tecnici di Milan e Inter
Andrea Della Sala Redattore 

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex compagno di Conceicao e Inzaghi alla Lazio, Nestor Sensini, ha parlato dei tecnici di Milan e Inter

«Mi interessa solo che facciano bene, come tutti i compagni di quella Lazio: chi più, chi meno, siamo tutti figli del nostro grande maestro Eriksson».


Inzaghi può vincere tutto, Conceiçao pare spacciato anche se vincesse il derby: i suoi ex compagni vivono momenti all’opposto.

«Simone è in una situazione privilegiata, non credo che al Bayern siano contenti di affrontarlo. Lo aiuta anche una struttura societaria molto forte: oggi all’Inter le cose funzionano e, infatti, lo stesso allenatore rimane là per 4 anni senza stancarsi. Non è banale... Sergio al Milan sta lentamente cercando di ambientarsi, ma ha trovato una situazione più complicata: non so se continuerà, ma non ha avuto tempo per incidere. Che siano due grandi tecnici è chiaro ma, visto da fuori, questo è il tempo dell’Inter».

Nel derby, però, può cambiare tutto.

«Un Clasico è un Clasico , pure di Coppa Italia: chi arriva sfavorito, a volte, vince e gli ultimi precedenti lo confermano. Da argentino, avrei voluto vedere Lautaro, una stella da ammirare. Ma mi godo anche Thuram: me lo ricordo bambino a Parma, quando ero in squadra con Lilian, e c’era pure Conceiçao. Aveva riccioli bellissimi, giocava felice, stava spesso con mio figlio Federico.».

Del Milan, invece, la intriga qualcuno?

«Questo Leao, che si accende e si spegne, ha mezzi tecnici incredibili: gli manca davvero poco per esplodere definitivamente».

Sensini: “Bayern non contento di affrontare Inzaghi. Peccato per Lautaro, mi godo Thuram”- immagine 2

La differenza di carattere tra Simone e Sergio si vede anche in panchina?

«Sergio era un combattente come ce ne sono pochi, cattivo per davvero. Si arrabbiava facilmente e, quando le cose andavano male, faticava a passarla: gli dicevamo che serviva un pallone per lui e uno per gli altri. Ora cerca di trasmettere questa grinta anche al Milan, ma deve essere seguito. Simone ha un carattere più docile: non gli serve essere duro per essere ascoltato».

Ma come erano quei due quando giocavano?

«Simone era un goleador nato e poi stava tutto il giorno a parlare di calcio: pallone, pallone, pallone... Sergio non era così “assetato”, mi sorprende abbia fatto questa carriera, ma i successi di entrambi sono meritati. A me piace ricordarli all’Olimpico mentre aspettavamo il risultato di Perugia-Juve: quello scudetto ci unirà per sempre».

Ma lo sa che tra i due le scintille in panchine non sono mancate?

«Sarà per qualche vecchio cross o passaggio sbagliato di 25 anni fa... Le scaramucce figlie di un po’ di nervosismo vanno capite: sono sicuro si vogliano ancora bene».