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Ha continuato a studiare?
"Mi sono iscritto all’Isef senza dire niente a nessuno, perché Bersellini all’Inter non voleva distrazioni. Ma fin da piccolo con Salgari e Verne mi è sempre piaciuto leggere".
Compagni memorabili?
"Ero innamorato di Platini per come giocava: aveva tutto quello che non avevo io. Poi mi sembrava impossibile che potesse esistere un calciatore come Scirea: bravo, buono, competitivo ma rispettoso degli altri. Con Nicola Berti ho avuto un’amicizia terapeutica: io portavo solidità ed equilibrio lui mi ha tirato fuori la leggerezza e la spensieratezza. Ci vediamo ancora".
Van Basten le tirò la sabbia in faccia. Vi chiariste?
"No. E nemmeno con Ancelotti che mi sputò addosso. Ma Carlo al Milan mi fece dei complimenti dopo un’amichevole: mi tese la mano".
Vincere a Torino è diverso rispetto a Milano?
"Torino guarda al passato e io da nostalgico mi sono trovato benissimo. Milano guarda al futuro, brucia tutto. Ma le vittorie me le sono godute ovunque: il primo scudetto alla Juve fu una notte di fuoco".
Da ragazzino era interista perché il Milan la scartò?
"No, perché ero un bastian contrario rispetto ai miei amici. Ora si dice che i ragazzi trascurano il calcio, ma noi ne vedevamo pochissimo: per far crescere la passione forse l’attesa dell’evento è meglio dell’evento in sé".
Diaz nell’Inter dei record e Piccinini a Mediaset sono stati i suoi partner perfetti?
"Sì è vero. Ramon aveva un altruismo unico, insolito per un attaccante. E Sandro è stato la mia fortuna: lui mette la riuscita del prodotto davanti a tutti, anche a sé stesso".
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