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Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Ighli Vannucchi ripercorre la sua carriera. L'ex giocatore parte dalla sua avventura a Salerno. "La Salernitana è stata l’amante, l’Empoli la moglie. Ricordo i gol di Di Vaio e i dribbling di Di Michele col 44 di piede. Sembrava uno gnomo con gli stivali, ma quant’era forte. E poi Gattuso: spappolava caviglie e polpacci. Nel 2000, dopo aver vinto l’Europeo U21 con l'Italia, sarei potuto andare ovunque, anche alla Lazio di Cragnotti, ma rimasi all'Arechi".
«L’anno della Serie A, 1998-99, battemmo Inter e Juve in casa. Alla penultima giornata segnai un gol storico contro il Vicenza. È come “Benvenuti al sud”: quando arrivi a Salerno piangi due volte, all’arrivo e all’addio. La mancata salvezza resta un rimpianto enorme, ma l’affetto della gente è immortale».
«Avevo smarrito la magia del calcio».
«Facevo l’ala, mah.... Mi sentivo infelice, braccato, deluso. Lo dissi a Iachini e poi a Zamparini, che quell’anno ne combinò una delle sue…».
«Una seduta con un mago. Ad alcuni giocatori disse di sotterrare delle cose in campo...».
«Il direttore dell’epoca, Pino Vitale, mi conosceva dai tempi della Lucchese, dove firmai in bianco per riconoscenza. Gli dissi che avrei voluto soltanto giocare nel mio ruolo. Non mi importava nulla dei soldi».
«Vivo di passioni. Il calcio, la pesca, il mio negozio dove chi entra trova me, mia moglie e mio figlio. In questo si può dire che sono stato come Baggio. Ho sempre avuto il coraggio di sognare. E di osare».
«Ero libero e spensierato. Nel 2007, il mio anno migliore, mi voleva l’Inter, ma dissi al mio agente che non volevo saperne nulla. Alla fine, però, mi sono sentito tradito. Avrei meritato un trattamento diverso. Soprattutto dopo 7 anni e quasi 300 partite».
«La qualificazione ai preliminari di Coppa Uefa nel 2007 e le punizioni a foglia morta. Una volta segnai a Toldo e Recoba corse per darmi il cinque».
(Gazzetta dello Sport)
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