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Perché?
"Perché Retegui è arrivato in Italia soltanto l'anno scorso e nessuno lo conosceva. [...] Al Genoa era il riferimento offensivo di una squadra che prima di tutto si chiudeva per poi ripartire, e lui aveva quindi molto più campo davanti. A Bergamo deve muoversi in tutt'altro modo: ha più assistenza, ma anche più compagni intorno. Bravo lui ad adattarsi in fretta, eppure, ripeto, prima di celebrarlo, voglio aspettare".
Che cosa?
"Che si confermi. Sarebbe troppo facile dargli un voto molto alto per ciò che sta facendo in questo momento, ma io voglio vederlo tutto quest'anno, nel quale dico che segnerà almeno 20 gol, ma soprattutto il prossimo. Quanti attaccanti vanno in doppia cifra in un torneo, per poi ridimensionarsi quello dopo? La stagione che verrà sarà per Retegui quella decisiva per dimostrare che è un attaccante di grande spessore. Se saprà riconfermare il bottino di gol che secondo me raggiungerà quest'anno, sarà un uomo mercato da 60-70 milioni, e a lui potrebbero puntare squadre come Manchester United o Psg, che in questo momento hanno bisogno di un centravanti".
Vieri, nell'argentino la Nazionale ha trovato il suo erede?
"Non esistono eredi. Ciascuno è fatto a modo suo, e certi giocatori – Baggio, Del Piero, Totti – non esistono più. Solo oggi, a distanza di vent'anni, mi rendo conto di quanta qualità ci fosse nel nostro campionato. Io mi allenavo con il Fenomeno Ronaldo: mi scappava da ridere osservandolo fare delle robe pazzesche. Pensavo: "Da quale pianeta arriva, questo qua?". E Batistuta? Quando arrivò all'Inter si disse che era un giocatore finito, ma in allenamento tirava di quelle legnate che bucava il pallone. Gli chiedevo: "Ma come fai a tirare così forte?". Poi Sheva, Trezeguet… Io ho giocato insieme e contro i migliori al mondo. Perciò dico: lasciamo stare i paragoni".
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