Il problema però lo sta creando il VAR, lo strumento nato come salvagente arbitrale che invece si sta rivelando un boomerang. E se il protocollo a volte costringe i varisti a restare muti (però, il buonsenso: in quanti avrebbero gridato allo scandalo se lunedì sera a San Siro fosse arrivato un suggerimento fuorilegge sul quel pallone uscito?), come nel caso di Empoli (Tomori espulso, ma Colombo era partito probabilmente in fuorigioco), altre volte si resta di stucco.
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L’idea sarebbe quella di provare a sperimentare un’integrazione dei casi in cui il VAR può intervenire, riferendosi a quelli certi. Meglio, al pallone dentro o fuori, perché per il resto si rientrerebbe nel campo della soggettività. Per capirci, per Fabregas il tocco di mani di Gatti è «certamente» rigore, mentre per la Commissione arbitrale no. Già più complicato il discorso sui secondi gialli che portano all’espulsione, bisognerebbe a quel punto verificare la congruità della prima ammonizione. Molto si risolverebbe con il VAR a chiamata, che non trova però proseliti ai piani alti dell’Ifab.
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