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Sono attaccanti, più che esterni: non è un caso, guardando le partite dell’Inter, scoprire che loro posizioni medie sono quasi sempre più alte di quelle di Thuram e Lautaro, i due centravanti per carta d’identità. Dimarco e Dumfries spesso tagliano il campo verso l’interno (il mancino di più) e disegnano combinazioni memorizzate con i difensori alle loro spalle, nello specifico Bastoni a sinistra e Bisseck o Pavard a destra.
La D2 ha caratteristiche fuori dal comune: Dimarco tira, cross e crea chiare occasioni da gol come i migliori interpreti del ruolo in Europa non fanno, leggi Grimaldo, Davies e Theo Hernandez. Dumfries segna di più e tira mediamente di più pur entrando molto meno in area di gente come Hakimi, Frimpong e Alexander Arnold, il meglio che c’è in giro sulla destra. Ed è merito anche della sua stazza: vola via come un Frimpong ma ha una fisicità che - ne sa qualcosa la Lazio - è devastante anche sui calci piazzati. Il gol da «quinto a quinto», come lo 0-2 dell’Olimpico di lunedì scorso, è una specialità di casa Inzaghi. Ed è il frutto dell’evoluzione in campo di un modulo che parte 3-5-2 e finisce, a leggerlo quando l’Inter è proiettata in avanti con il pallone tra i piedi, con un incredibile 2-4-4.
"Contano le caratteristiche dei singoli, s’è detto. Conta la capacità di Inzaghi di esaltarne le caratteristiche dentro un contesto di gioco. E conta pure il momento diversamente esaltante dei due. Dimarco è la continuità, è la ricerca riuscita della bellezza. Dumfries gode adesso di una serenità ritrovata e il motivo è presto chiarito: il rinnovo di contratto lo ha liberato mentalmente. La differenza si nota soprattutto nella continuità: l’olandese ha sempre avuto picchi di rendimento, ma ora anche durante la stessa partita non abbassa più l’asticella", chiude Gazzetta.
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