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Turnover e non solo
—Ieri sera l’Inter ha avuto l’unico torto di non chiudere la partita, l’ha lasciata aperta fino all’ultimo e il Lipsia, ridotto ai minimi termini dagli infortuni, ma per niente abbacchiato, qualche patema l’ha provocato. È una pecca non irrilevante, però nella ripresa serpeggiava un po’ di comprensibile stanchezza fisico-mentale. Simone Inzaghi è un alchimista del turnover, dosa i minutaggi di ciascuno. Ieri sera dirigeva le operazioni da bordo campo e pensava alla partita chiave di domenica in campionato, contro la Fiorentina al Franchi. L’Inter non molla nulla, questa è l’impressione, e fa bene, perché è strutturata per giocarsela contro chiunque. La solidità difensiva impressiona. L’Inter entra nel ristretto club delle squadre che non hanno incassato una rete nelle prime cinque gare stagionali di Champions. C’erano riuscite soltanto la Juve nel 2004-05 e il Manchester United nel 2010-11. Lo United nel 2011 arrivò in finale e venne sconfitto dal Barcellona. Undicesima partita stagionale di Yann Sommer a porta inviolata (clean sheet), nessuno ha fatto meglio nei cinque Paesi calcisticamente top d’Europa (Inghilterra, Italia, Spagna, Germania e Francia). L’Inter è dura da scalfire. Letto con queste lenti, il 4-4 contro la Juve sembra qualcosa di lunare, l’impazzimento di una sera.
Primo tempo
—Sorpresa nel Lipsia: in panchina Benjamin Sesko il centravanti totemico, al suo posto l’ex milanista André Silva. Convincente l’Inter per l’atteggiamento, subito aggressivo e mordace. Nerazzurri ad alta intensità, installati nella metà campo dei tori rossi tedeschi. Inter in modalità da grande d’Europa, con il piglio di chi in Champions vuole andare lontanissimo. Il Lipsia, per quanto a zero punti e con squadra decimata dalle assenze, senza il talento olandese Xavi Simons e con appena 5 giocatori di movimento in distinta, il Lipsia, si diceva, rimane una formazione da maneggiare con cura. A pieni giri la catena nerazzurra di sinistra, rafforzata dal sostegno di Zielinski. Lipsia compresso nella propria metà campo, con un’unica arma, la velocità di Openda nelle ripartenze. Il belga ha individuato in Pavard il lato debole, l’ha puntato e l’ha fatto ammonire, complice uno stop a “inseguire”, mal riuscito, del francese. Più tardi Openda si è ripetuto su Bastoni: altro fallo e altro giallo. Inter all’assalto e in vantaggio su autorete. Punizione mefitica di Dimarco da destra, palla avvelenata, carambola su uno stinco di Lukeba e gol. Uno a zero fortunoso, però legittimo per volumi di gioco e predominanza, e per occupazione del campo. All’Inter è mancata una rete propria, è andata vicina al raddoppio un’altra volta su palla inattiva da destra: nell’occasione salvataggio di Baumgartner quasi sulla linea. All’Inter non è riuscito il 2-0 ammazza risultato, il Lipsia è rimasto vivo e vegeto. Nei minuti finali della prima frazione si è fatto male Pavard, azzoppato da un risentimento muscolare alla coscia sinistra. Un infortunio che apre un’emergenza difensori, con Acerbi fuori uso. Pavard, sostituito da Bisseck, sarebbe probabilmente uscito lo stesso perché Inzaghi cambia sempre i giocatori ammoniti. Nel primo tempo della dominanza e di qualche rimpianto, inevitabile una riflessione su Taremi, diligente nei rientri a centrocampo e nel legare le azioni, ma trasparente davanti alla porta. Finora l’iraniano ha segnato un gol, su rigore contro la Stella Rossa. A fine novembre era lecito aspettarsi di più da un attaccante del suo livello.
Secondo tempo
—In apertura di ripresa Dumfries si è divorato il 2-0 e l’Inter si è auto-condannata a 45 minuti di resistenza e gestione. Marco Rose ha inserito Sesko per lo spento André Silva, ma lo sloveno è stato più uno spauracchio che altro. Il Lipsia ha guadagnato metri, anche perché Nusa, attesissimo, si è risvegliato dal torpore. E proprio Nusa, dopo un errore in disimpegno di Calhanoglu, ha costretto Sommer a una parata di livello. Copione rovesciato: Lipsia all’attacco e Inter ripartente, ma gli “inzaghiani” hanno buttato via un paio di contropiede promettenti. Quasi all’ultimo è stato annullato un gol di Mkhitaryan, per un fallo precedente di Thuram, e l’1-0 su autorete è rimasto tale, però era dal dicembre 2002, 22 anni fa, che l’Inter in Champions non godeva di un autogol. I tempi erano maturi perché ricapitasse”, si legge.
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