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Anche a Cagliari è andata così: per un tempo s’è barcamenata accettando anche il rischio del contropiede, nel secondo s’è imposta quasi naturalmente, sfruttando un gol per caso di Bastoni e sigillando partita e risultato senza pietà ma anche senza sforzo, come tante altre volte in questi ultimi due mesi. Mancava solo l’aggiunta di lusso, la grattata di tartufo sul piatto, così riecco Lautaro, che non segnava dal 3 novembre, più di dieci ore (654’) di tiri a vuoto fino alla spaccata con cui ha messo in rete il cross di Barella. Prima s’era mangiato due gol e il primo in maniera grottesca (in tuffo di testa, a due metri alla porta, ha mandato alto), come se il fantozziano sortilegio di cui era vittima non potesse essere spezzato. E invece.
"Aggiungete Lautaro, che era e resta il giocatore più forte della serie A, alla squadra con il miglior attacco del campionato (e la seconda difesa) nonostante il singhiozzo dell’ultimo capocannoniere, e capirete che l’equilibrio sottile che c’è in cima è destinato a sfarinarsi. A Lautaro il gol mancava, lo raccontava anche il linguaggio del corpo", chiude il quotidiano.
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