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Inzaghi è ora a pieno diritto tra i top tecnici d’Europa. Tre anni e mezzo fa, era «un allenatore da quarto posto», così lo definiva chi non vedeva di buon occhio la scelta dei dirigenti dell’Inter, per il post Antonio Conte. E pure qualche tifoso nerazzurro, di quelli che criticano a scatola chiusa. Non era così, evidentemente. Ha sbagliato anche lui lungo questo percorso, certo. È cresciuto, chiaramente. Ma due doti sono state evidenti fin da subito: l’enorme abilità di saper rendere sotto pressione, perché non c’è mattina in cui non lo sei se siedi sulla panchina nerazzurra. E l’altra, una capacità innata di saper esaltare le caratteristiche dei singoli giocatori, trovando per ciascuno la posizione in campo o la modalità corretta per farlo rendere al meglio. L’elenco è lunghissimo, giusto qualche riferimento veloce: Calhanoglu regista, Lautaro capocannoniere, Thuram prima punta, Dimarco e Dumfries ali pure.
E via così, perché Inzaghi lavora sui propri limiti e ogni volta li sposta più in là. Vinceva “solo” le coppe - come fosse semplice farlo - e poi s’è preso lo scudetto. Non faceva abbastanza rotazioni e poi s’è inventato il turnover scientifico di questa stagione. Si diceva fosse “troppo” amico dei calciatori e poi quei calciatori gli hanno fatto...perdere solo sei partite in un anno e mezzo. L’Inter è oggi una macchina vicina alla perfezione. Che segna oltre due reti a partita in campionato, s’è detto. Praticamente, da quando Inzaghi è arrivato all’Inter c’è un gol dell’Inter ogni quattro giorni e mezzo, vacanze comprese. Non è più una bestemmia accostare il tecnico di oggi ai più grandi della storia nerazzurra, il suo nome sta benissimo vicino a quelli di Helenio Herrera e José Mourinho. Gli manca la Champions, certo. Quest’anno sta apparecchiando la tavola per concludere la cena nel migliore dei modi tra cinque mesi, un giorno di fine maggio 2025. E, magari, per diventare anche l’allenatore più longevo della storia del club: Herrera è a quota 9 stagioni, Simone ha un contratto che già lo porta virtualmente a quota sei ma proprio non si intravedono motivi di separazione.
"Il turnover è il comandamento numero uno di questa stagione e lo sarà almeno fino a marzo, poi si vedrà. Prima, c’è da correre per prendersi materialmente il primo posto, sperando di annullare l’antipatico asterisco della classifica. Como e Cagliari sono avvisati", chiude il quotidiano.
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