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L’Inter, come in fondo è stata anche la sua Lazio, è una squadra fisiologicamente proiettata in avanti. Non è mai stato un problema segnare. Meglio ancora: non è mai stato un problema produrre occasioni da rete, che in fondo è quel che preoccupa di più un allenatore. C’è un numero che bene rende l’idea: l’Inter, con Inzaghi in panchina, ha segnato 354 reti in 177 match. La media è pulitissima ed esaltante: due reti a partita, come scendere in campo e sapere che più o meno si partirà da 2-0. Non è così, certo. Ma psicologicamente, il ragionamento funziona. E funziona per gli attaccanti, che sanno di poter contare su diverse occasioni alla volta. Tutto sommato, ci sono lavori più stressanti del fare l’attaccante con la maglia nerazzurra addosso. Non è un caso che l’Inter sia, in Serie A, la squadra con l’indice xG (expected goal, i gol “attesi”) più alto, 2,72 ogni 90 minuti.
"Se queste sono le premesse, la missione Thuram ha tutto per essere centrata. E sarebbe in qualche modo storica, una doppietta così per l’Inter. Nella storia della Serie A a girone unico, solo tre volte ci sono stati due capocannonieri consecutivi differenti della stessa squadra: Gabetto e Mazzola nel Grande Torino, Graziani e Pulici ancora nel Torino degli anni Settanta, poi Bierhoff e Amoroso nell’Udinese di fine anni Novanta. Thuram dopo Lautaro è adesso l’obiettivo. La doppia cifra raggiunta a inizio dicembre è l’ennesima spia di un giocatore che sta bene sotto ogni punto di vista, fisico e mentale, quasi curioso di capire dove la sua ascesa potrà portarlo. Inzaghi e il suo staff gli hanno cucito addosso movimenti su misura, convinti che al ragazzo non manchi nulla per fare il «9» a tutto tondo. Il primo a crederci, nel mondo nerazzurro, fu il direttore sportivo Piero Ausilio. È una storia, questa, in cui stanno avendo ragione tutti. Buon per l’Inter", chiude Gazzetta.
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