Il giornalista Sebastiano Vernazza ha parlato, sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, del premio vinto dal tecnico e degli obiettivi dell'Inter:


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Vernazza: “Inzaghi, premio meritato. Ma ora viene il difficile: un titolo è obbligatorio”
Il gioco di Inzaghi tiene insieme molte cose: la modernità del palleggio, la ricerca della verticalità, l’uso massiccio ed efficace delle fasce, la stabilità difensiva. Non è un calcio di estremismi, ma di essenzialità. Per semplificare, si potrebbe dire che Inzaghi cerca il meglio ovunque e lo plasma a modo proprio. Negli anni interisti, il suo capolavoro è stato Hakan Calhanoglu. Nel Milan, il turco non aveva un’identità, pencolava con stanchezza tra fascia e trequarti. All’Inter, Inzaghi lo ha ridisegnato come regista, al posto di Brozovic che sembrava intoccabile, e Calhanoglu è diventato uno dei migliori interpreti del ruolo. Servono occhio, intuito e conoscenze per riprogrammare al meglio un giocatore. Inzaghi non è Guardiola né Allegri, non è Klopp né Ancelotti. Difficile accostarlo a qualcuno, e l’unicità è il miglior complimento che gli si possa fare.
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Premio meritato, ma ora viene il difficile. Inzaghi ha davanti a sé due mesi densi e decisivi, tre-quattro con la prolunga del Mondiale per club tra giugno e luglio. Domenica l’altra, dopo la vittoria a Bergamo contro l’Atalanta, Inzaghi si è lamentato del fatto che si dica e si scriva che l’Inter rischia di non vincere niente. Ha dimenticato di aggiungere che si dice e si scrive anche il contrario, che l’Inter può vincere qualunque cosa. Tutto - Triplete, anzi Quadriplete, perché lo stesso Inzaghi ha detto che il Mondiale per club è un obiettivo - o niente: è uno slogan, un’esagerazione, e in quanto tale forse non piace a Inzaghi. Tra il tutto e il niente c’è il “qualcosa”. Quattro competizioni, diverse gradazioni, un titolo “obbligatorio”.
Partiamo dalla Coppa Italia, quasi un intralcio, senza offesa per nessuno. La conquista di questo trofeo avrebbe un valore minimo e però le due partite di semifinale contro il Milan imporranno a Inzaghi la massima allerta, perché un’altra capitolazione contro i rossoneri, come in finale di Supercoppa, avvelenerebbe un po’ la stagione. I derby di Coppa possono sottrarre energie e impattare sul resto. In campionato, Inzaghi ha tutto da perdere perché “deve” vincere. L’Inter in Serie A è la squadra più forte, per gioco e per giocatori. Se a Inzaghi sfuggisse lo scudetto per mano del Napoli di Antonio Conte, le critiche pioverebbero copiose. Lo scudetto rappresenta il porto sicuro: se lo raggiunge, l’allenatore Panchina d’oro 2024 ha fatto il suo o quasi. Sarebbe il secondo di fila, a rimarcare la supremazia interista di questi anni Venti del nuovo secolo. In Champions, l’Inter ha il dovere della competitività. È entrata nei quarti, laddove un anno fa si era fermata agli ottavi. Uscire contro il Bayern Monaco non sarebbe scandaloso, a patto di mostrarsi all’altezza. In Champions, Inzaghi e l’Inter devono giocarsela alla pari. Più o meno lo stesso discorso vale per il Mondiale club, d’estate negli Usa: essere performanti davanti al mondo intero. Ricapitolando, scudetto d’obbligo e spessore internazionale. Questo si chiede all’Inter di Inzaghi fresco di premio a Coverciano. Non è tutto, non è niente, non è poco. È abbastanza, è il giusto.
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