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Vernazza: “Inzaghi, premio meritato. Ma ora viene il difficile: un titolo è obbligatorio”

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Il giornalista ha parlato, sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, del premio vinto dal tecnico e degli obiettivi dell'Inter
Andrea Della Sala Redattore 

Il giornalista Sebastiano Vernazza ha parlato, sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, del premio vinto dal tecnico e degli obiettivi dell'Inter:

Il gioco di Inzaghi tiene insieme molte cose: la modernità del palleggio, la ricerca della verticalità, l’uso massiccio ed efficace delle fasce, la stabilità difensiva. Non è un calcio di estremismi, ma di essenzialità. Per semplificare, si potrebbe dire che Inzaghi cerca il meglio ovunque e lo plasma a modo proprio. Negli anni interisti, il suo capolavoro è stato Hakan Calhanoglu. Nel Milan, il turco non aveva un’identità, pencolava con stanchezza tra fascia e trequarti. All’Inter, Inzaghi lo ha ridisegnato come regista, al posto di Brozovic che sembrava intoccabile, e Calhanoglu è diventato uno dei migliori interpreti del ruolo. Servono occhio, intuito e conoscenze per riprogrammare al meglio un giocatore. Inzaghi non è Guardiola né Allegri, non è Klopp né Ancelotti. Difficile accostarlo a qualcuno, e l’unicità è il miglior complimento che gli si possa fare.


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Premio meritato, ma ora viene il difficile. Inzaghi ha davanti a sé due mesi densi e decisivi, tre-quattro con la prolunga del Mondiale per club tra giugno e luglio. Domenica l’altra, dopo la vittoria a Bergamo contro l’Atalanta, Inzaghi si è lamentato del fatto che si dica e si scriva che l’Inter rischia di non vincere niente. Ha dimenticato di aggiungere che si dice e si scrive anche il contrario, che l’Inter può vincere qualunque cosa. Tutto - Triplete, anzi Quadriplete, perché lo stesso Inzaghi ha detto che il Mondiale per club è un obiettivo - o niente: è uno slogan, un’esagerazione, e in quanto tale forse non piace a Inzaghi. Tra il tutto e il niente c’è il “qualcosa”. Quattro competizioni, diverse gradazioni, un titolo “obbligatorio”.

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Partiamo dalla Coppa Italia, quasi un intralcio, senza offesa per nessuno. La conquista di questo trofeo avrebbe un valore minimo e però le due partite di semifinale contro il Milan imporranno a Inzaghi la massima allerta, perché un’altra capitolazione contro i rossoneri, come in finale di Supercoppa, avvelenerebbe un po’ la stagione. I derby di Coppa possono sottrarre energie e impattare sul resto. In campionato, Inzaghi ha tutto da perdere perché “deve” vincere. L’Inter in Serie A è la squadra più forte, per gioco e per giocatori. Se a Inzaghi sfuggisse lo scudetto per mano del Napoli di Antonio Conte, le critiche pioverebbero copiose. Lo scudetto rappresenta il porto sicuro: se lo raggiunge, l’allenatore Panchina d’oro 2024 ha fatto il suo o quasi. Sarebbe il secondo di fila, a rimarcare la supremazia interista di questi anni Venti del nuovo secolo. In Champions, l’Inter ha il dovere della competitività. È entrata nei quarti, laddove un anno fa si era fermata agli ottavi. Uscire contro il Bayern Monaco non sarebbe scandaloso, a patto di mostrarsi all’altezza. In Champions, Inzaghi e l’Inter devono giocarsela alla pari. Più o meno lo stesso discorso vale per il Mondiale club, d’estate negli Usa: essere performanti davanti al mondo intero. Ricapitolando, scudetto d’obbligo e spessore internazionale. Questo si chiede all’Inter di Inzaghi fresco di premio a Coverciano. Non è tutto, non è niente, non è poco. È abbastanza, è il giusto.

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