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Contano in particolare le prove di Danilo, Gatti e di Locatelli, che quando c’è da mettere il piede e il fisico non si fa mancare.
E conta che Vlahovic sia tornato a segnare e che Yildiz abbia completato una partita matura nella quale ha infilato anche un paio di accensioni, oltre a un’apprezzabile costanza nei rientri.
La Juve ha trovato aperto, il City chiuso, anche da Di Gregorio. La Juve ha giocato sempre in undici, il City in nove e mezzo: Haaland è stato imbarazzante, de Bruyne a tratti ridicolo. Grealish s’è fatto notare un po’ solo quando è tornato nella posizione naturale, largo a sinistra: in mezzo è stato un disastro.
Ci sono stati troppi momenti in cui il City ha fatto tristezza: un lontano ricordo la squadra-guida del calcio europeo, palpabilissima la crisi. Nelle tante lentezze e nell’imprecisione del palleggio, nella scarsa mobilità senza palla di centrocampisti e attaccanti si è intravisto lo sconcertante spiazzamento di Guardiola.
Un teller che non funziona, il suggerimento che non arriva e non può arrivare. L’assenza di Rodri, l’usura di Kyle Walker, la voglia di andarsene di Bernardo che ha ormai compiuto due anni (la voglia), la partenza del manager Omar Berrada per lo United e quella ormai prossima di Beguiristain: tutto sta contribuendo ad accelerare la fine di un’epopea per quella che da qualche tempo è diventata la prima squadra di Manchester.
Pep aveva deciso di chiudere alla fine di questa stagione, ma è stato convinto a restare con i milioni - una montagna -: i soldi non gli hanno fatto tornare il sorriso. Soltanto altre vittorie in serie possono fungere da efficace e unico antidepressivo.
Il prossimo turno vedrà il City a Parigi. Guardiola è in mezzo a una strada", si legge.
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