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Seedorf condannato: dovrà  risarcire Toshack

Lorenzo Roca

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del giocatore Clarence Seedorf, confermando la sentenza che ha costretto l’olandese a pagare 60.000 al coach gallese John Toshack per averlo accusato di ricaricare le...

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del giocatore Clarence Seedorf, confermando la sentenza che ha costretto l'olandese a pagare 60.000 al coach gallese John Toshack per averlo accusato di ricaricare le commissioni sugli acquisti, quando entrambi erano al Real Madrid.

Sia nel libro Clarence Seedorf Biografie come nel programma radiofonico Stringer (7 maggio 2003), il giocatore ha accusato l'allenatore di prendere commissioni per la firma di nuovi giocatori.

Nel libro, l'olandese ha scritto, riferendosi a Toshack: «Allora, vediamo se abbiamo capito quello che stava facendo. Andò al Real, soprattutto per riempirsi le tasche. Il suo unico obiettivo era quello di vendere i giocatori, così poteva operare sostituzioni che si tramutavano in denaro per lui. Incredibile, ma vero. Tutti sono d'accordo: la gente all'interno del club, i giornalisti di tutto il mondo, sapevano ciò che stava facendo. Quindi è abbastanza chiaro perché aveva minacciato di rimuovere lo sporco: voleva creare spazio per i giocatori che gli facevano fare soldi e che in realtà non si trattava di giocatori che erano al livello del Real».

In risposta, l'allenatore gallese ha intentato una causa presso il tribunale di Madrid, il 9 aprile 2007 che ha vinto, dato che tali dichiarazioni costituiscono "una interferenza illecita con il diritto all'onore, e Seedorf è stato condannato a pagare 60.000 euro per danni morali causati a pubblicare la sentenza sulla stampa e di cessare la vendita della pubblicazione del libro con tali dichiarazioni.

Nel frattempo, Seedorf ha fatto ricorso a tale decisione dinanzi alla Corte distrettuale, sostenendo che era l'esercizio della libertà di espressione, e lui stava solo esprimendo la sua opinione, ma l'appello è stato respinto.

La risoluzione ribadisce che la prevalenza del diritto alla libertà di informazione e di espressione: "Le informazioni pubblicate erano di interesse pubblico, ma non contenervano informazioni comparative ed erano una violazione della reputazione professionale dell'offeso".

Inoltre, il Consiglio sottolinea che "la critica di tale azione non è stata esercitata in modo legittimo e c'è stato un uso sproporzionato di espressioni in esso."