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parola al tifoso
Avete aderito in tantissimi al nostro contest dedicato ai tifosi. Vi avevamo chiesto di raccontarci 5 motivi validi e originali per rinnovare l'abbonamento anche quest'anno (leggi il regolamento del contest qui). Oggi diamo spazio a Gabriella Arcobello, che si è lasciata trascinare dalle parole e dalle emozioni. Ricordi e speranze che si intrecciano in una storia che porta sempre là: alla Scala del Calcio.
Perché l’Inter è nel mio DNA, rappresenta la mia vera passione. Passione eterna, mai paga, mai spenta. E’ un retaggio che viene da molto lontano. E’ l’imprinting che ho ricevuto da mio padre. Non ha avuto figli maschi ma che importava? C’ero io con lui la domenica a tifare Inter. Interista gentiluomo, con la tessera e tre amici fedeli, a dire il vero molto più eccessivi di lui nel tifo. Quattro giganti e una bambina nella scala del calcio. Erano alti dal metro ottanta in su e io con loro mi esaltavo ai goal dei miei beniamini, mentre lo stadio di S. Siro sembrava venire giù tutte le volte.
Una domenica sì e una no aspettavo con ansia di sapere se papà avesse acquistato il biglietto anche per me. A quel punto iniziava la festa. Domeniche speciali e indimenticabili.
Perché di sicuro ci saranno anche loro, il geniale Prisco e l’immenso Facchetti. Li posso già vedere. Prisco che, dopo il derby vinto contro il Milan per Kondogbia, se la sta già ridendo nel cielo neroazzurro. E Giacinto, con il suo sguardo azzurro e un sorriso buono, ci detta la strada, al di sopra delle polemiche e dei rigori concessi e non concessi. Al di là dei veleni e di quei strani conteggi che si fanno in quel di Torino.
Perché adoro preparare le macedonie, e l’Inter è per me come una macedonia. Di quelle colorate e variegate. Tanti gusti e molteplici colori uniti insieme da gocce di limone e zucchero. Vuoi mettere mangiarsela sul divano, piuttosto che gustarsela allo stadio?
Esserci è assaporare la tua squadra con quel senso di sospensione che ti lascia eccitata per novanta minuti buoni. Con il sapore pieno delle emozioni e delle esaltazioni dei tempi migliori, delle frenesie e delle regressioni che solo la nostra Inter, la squadra più pazza e adorabile al mondo così come il Financial Times l’ha definita, sa provocare.
Perché c’è lui, è tornato lui. Alla sua prima volta ha rotto l’incantesimo durato 18 lunghi anni e ha insegnato a vincere ad una squadra che sembrava impossibilitata per l’eternità.
Con Mancini ne abbiamo vinti tre. Il primo, d’ufficio, ha rimesso in qualche modo a posto i guai subiti e reiterati. Quello del 2007 poi è stato fin troppo spavaldo, con le altre squadre a distanze siderali. Una stagione dove si è totalizzata una valanga di record e per certi aspetti irripetibile. E’ stato l’anno del quindicesimo scudetto. Infine lo scudetto del 2008: predetto dagli addetti ai lavori con la sfera di cristallo in estate, ipotecato nell’autunno, stravinto nell’inverno, è stato festeggiato solo all’ultima giornata sotto un diluvio quasi universale. Era l’anno del centenario e non lo si poteva celebrare meglio di così.
Che dire? Non c’è uno senza due, non c’è due senza tre. Il quarto vien da sé…
Perché tifando Inter in quel di S. Siro, contagiata anche dalla mia professione, un giorno mi sono detta che la vita assomiglia un po’ ad una partita di calcio. La immagino così. In porta vedo bene l’Equilibrio che, tra momenti di dinamismo e altri di stabilità, garantisce il benessere psicofisico e relazionale.
Come terzino destro la Prevenzione che è difesa dall’incuria e dalla patologia.
Terzino sinistro la Sicurezza di base, per avere radici e mettere le ali.
Mediano di smistamento sempre pronto a ragionare col cuore e a sacrificarsi per gli altri la Solidarietà. Centrale il Dialogo, baluardo dei rapporti umani in grado di riconoscere il valore di ogni persona. A centrocampo la Giustizia, che garantisce pari dignità umana a tutti, l’Empatia, che è capace di mettersi nei panni dell’altro e la Diversità, che valorizza l’identità unica di ognuno. Subito dietro le punte, la Fantasia, che è energia vitale, voglia di libertà e di stupire. In attacco il Sacro e la Speranza.
Il Sacro che orienta, che illumina. Infine la Speranza di avere il cuore per amare, la testa per capire, il corpo per incontrare, l’anima per cercare.
Lì davanti, Sacro e Speranza sono travolgenti, al pari di Palacio e Icardi. Arriverà il goal e la gioia sarà immensa.
La panchina! Mi sono dimenticata della panchina! Indispensabile non solo per i cambi, ma per un lavoro oscuro di cura, di affiatamento e di dinamica..
La rosa è ampia, sì proprio simile a quella dell’Inter. Troviamo l’Entusiasmo, la Passione, il Sacrificio, l’Allegria, l’Impegno, la Regola.
Esserci è davvero meglio!
Continuate a scriverci a contestfcinter1908@gmail.com: in palio i biglietti per la prima di San Siro!
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