parola al tifoso

Analisi di una stagione…strana

di MANUEL BRAMBILLA Si è chiusa ieri una stagione definibile in tanti modi. Mi viene in mente il termine più banale possibile: strana. Strana per tanti motivi. Per come è iniziata, per come è proseguita e per come è finita. Qualche brutta...

Alessandro De Felice

di MANUEL BRAMBILLA

Si è chiusa ieri una stagione definibile in tanti modi. Mi viene in mente il termine più banale possibile: strana.Strana per tanti motivi. Per come è iniziata, per come è proseguita e per come è finita.Qualche brutta avvisaglia che forse qualcosa non quadrasse, si era già avuta ad agosto, quando l’Inter ha affrontato l’Atletico Madrid per la Supercoppa Europea.In quell’occasione i ragazzi non sono praticamente mai scesi in campo, dando l’impressione di non avere benzina (comprensibile ad agosto, ma non in quella misura) o di non voler più remare verso l’unica direzione che solo pochi mesi prima aveva portato tante vittorie e soddisfazioni.E’ iniziato il campionato e per qualche settimana, nonostante prestazioni non brillantissime, la squadra era lassù, dove più le compete.Poi sono iniziati gli infortuni, i cali di condizione improvvisa, e così le sconfitte, e l’allontanamento dalla vetta del campionato.Qualcosa non funzionava più, era evidente. Attribuire colpe alla precedente gestione, non ha certamente giovato alla sorte di Benitez. Schierarsi contro Mourinho è stata una mossa poco intelligente, o quantomeno non furba.La squadra e l’ambiente erano ancora troppo inebriati dai risultati prodotti dal Vate di Setubal, al punto da rimpiangerne la proverbiale arroganza ed egocentrismo che accompagnavano ogni uscita del portoghese.Non c’è voluto molto a capire che giocatori che solo pochi mesi prima avrebbero giocato senza una gamba per il loro condottiero, per Benitez non avrebbero mai garantito lo stesso servizio, anzi. Sono iniziate assenze sospette e gli infortuni sono cresciuti in modo esponenziale.Il mondiale per club di dicembre si avvicinava e la squadra non si presentava in grandi condizioni, tutt’altro. In campionato continuava la marcia negativa, soprattutto lontano da San Siro, e in Champions si chiudeva male il girone.Il sentore di un probabile, più che possibile, allontanamento dello staff tecnico alla fine del Mondiale per club, ha magicamente rinvigorito alcuni giocatori, che a braccetto con i pochi che hanno sempre tirato la carretta anche nei mesi più duri, da settembre a dicembre, hanno portato a casa il Mondiale passeggiando su koreani e africani.E così fù: Benitez, in seguito alle forti dichiarazioni di “ultimatum” alla società, accusata di immobilismo in fase di mercato e di scarsa decisione nelle scelte fatte in estate, venne cacciato. Probabilmente, con o senza quelle dichiarazioni, lo spagnolo sarebbe stato allontanato ugualmente, ma con quell’uscita ha risparmiato ulteriori imbarazzi nella società, che a quel punto non avrebbe unanimemente avuto altra scelta.E’ arrivato Leonardo: gioia, passione, allegria e calcio spregiudicato.La scelta del brasiliano è sembrata un mix tra la voglia di restituire il piacere negativo ai cugini milanisti, abituati negli ultimi anni a ricevere ex giocatori nerazzurri con sospetta continuità, e il bisogno di Moratti di imporre un nome di sua estrema simpatia, espressa anche in passato parecchie volte nei confronti proprio di Leonardo. L’ex allenatore del Milan ha subito capito come integrarsi nell’ambiente nerazzurro e quale fosse l’onda giusta da cavalcare in un momento così delicato, dopo l’addio di Benitez, con una squadra che vagava ben lontana dalla vetta della classifica: incensare Mourinho. Dire di stravedere per il portoghese, di rispettarlo, di apprezzarne i consigli e di volerne seguire le orme è stata un’ottima mossa da parte di Leonardo, dato che il tifoso medio interista non avrebbe voluto sentirsi dire altro, in quel momento. La squadra dimostrò di essersi magicamente ripresa e, a parte qualche preoccupante passo falso (Udine e Torino su tutti), la rimonta sul Milan procedeva a vele spiegate. In Champions, intanto, con un’impresa ai limiti dell’impossibile, visto come si erano messe le cose, la squadra eliminò il Bayern Monaco vincendo 3 a 2 in Germania, dopo aver perso per 1 a 0 in casa.Tutto procedeva piuttosto bene, e la sensazione che i nerazzurri potessero farcela ad agganciare il Milan era sempre più forte, anche se la squadra non ha mai veramente dato l’idea di essere completamente “recuperata” e brillante.Quel sospetto riesplose nella famosa “settimana maledetta”, quando, oltre al derby scudetto perso male per 3 a 0, senza riuscire mai ad entrare in partita, arrivò anche la clamorosa scoppola in casa contro lo Schalke 04: una sconfitta bruciante, per 5 a 2, che difficilmente verrà dimenticata.Nel giro di 10 giorni l’Inter si è ritrovata fuori dai giochi per campionato e Champions League, vedendo sfumare quanto di estremamente positivo fatto da gennaio a fine marzo. Un vero peccato, molta amarezza.Va però considerata l’ottima reazione da parte della squadra che non si è seduta, non è andata k.o. nonostante quell’uno due terribile, e ha ricominciato a macinare risultati positivi, soprattutto in casa dove Leonardo ha realizzato un record di punti più che invidiabile.E’ stato così raggiunto il secondo posto in classifica, e la finale di Coppa Italia, dopo aver eliminato la Roma grazie soprattutto alla bella vittoria dell’Olimpico. Ieri sera è arrivata la ciliegina sulla torta, con la conquista della Coppa Italia a discapito del Palermo. La squadra è apparsa sottotono, come spesso accaduto in questa travagliata stagione, ma il risultato l’ha premiata. Un 3 a 1 che porta la firma di Eto’o, un giocatore fantasmagorico in grado di segnare 37 reti in una stagione, e di Milito, il Principe glorioso della passata annata, che quest’anno ha sofferto mille infortuni e altrettante sfortune.Questi due grandi giocatori hanno segnato i goal della vittoria, ma come si può non citare il nostro Capitano, in grado di effettuare un coast to coast dei suoi al novantesimo minuto e con 38 primavere sulle spalle. Un esempio, sempre e comunque. E’ piacevole constatare come il motto portato da Eto’o, ovvero “le finali non si giocano, si vincono”, sia tanto bene incarnato da tutta la squadra ormai. E’ fuori discussione che la squadra andrà aggiustata, che serviranno cessioni e acquisti, ma oggi godiamoci l’ennesimo titolo di questi anni come il più bello dei trionfi, augurandoci di poter continuare a festeggiare a partire già dall’inizio della prossima stagione. Il Milan ci aspetta a Pechino, l’occasione è di quelle ghiotte.