C’è chi ha fatto il biglietto per Linate quando l’Inter era a meno tredici. A quelle distanze il derby non sarebbe stato lo stesso. A meno due invece, inutile fare finta che non sia così, è tutto diverso. E se sei di passaggio a Milano, non puoi risparmiarti un giro in centro. Non stamattina.
parola al tifoso
Derby day tra le strade di Milano…
C’è chi ha fatto il biglietto per Linate quando l’Inter era a meno tredici. A quelle distanze il derby non sarebbe stato lo stesso. A meno due invece, inutile fare finta che non sia così, è tutto diverso. E se sei di passaggio a Milano, non...
Prendi la metro di Piazza Udine. L’edicolante che ti vende i biglietti ti accoglie con la maglia nerazzurra. E’ straniero, ma s’è innamorato dell’Internazionale. Gli dici ‘forza Inter’, paghi il conto e gli sorridi. Appena ti giri, un milanista doc appare dietro di te. S’è accorto del tuo zaino marchiato FCIM e quasi ti minaccia: “Questa sera non avrete tanto da sorridere”. E che replichi a fare. Convinto lui…
Guadagni l’entrata verso Loreto. Ma hai proprio sbagliato vagone. E’ pieno di gente rossonera. Sei interista e si vede. Parlano tra di loro in dialetto: “Ma chissa picchì un cangia squadra, stasira ci nni facimu quattru”. Non te la tieni stavolta. E poco prima di arrivare alla tua fermata replichi: “Se non cambio squadra è perché per me ne esiste una sola tra i Navigli e nel mondo e se – come dite – stasera ce ne fate quattro vuol dire che siete più forti. Io non ci giurerei”. Inchino alla Nagatomo e aspetti che si aprano le porte. Mentre scendi senti: “Oh oh, abbiamo beccato una calabrese come noi”. Eh già. E mica è un caso. Quella è l’Inter che si difende.
Sviluppa anticorpi nerazzurri anche in caso di genitori gobbi e fratelli milanisti. Sulle scale incroci due bambini e li distingui perché si somigliano molto, ma uno ha un cappello rossonero, l’altro i polsini nerazzurri. “Signora, ha dei bimbi bellissimi. Sono contenta che uno si sia salvato”, azzardi. “Quale dei due si è salvato secondo lei?”, mi risponde la mamma dei due. “L’interista”, ovviamente. “Pensi signorina, io sono juventina, mio marito è milanista come lui. L’altro non so proprio da dove è venuto fuori ed è il più sfegatato di tutti, mi ha costretto a venire fin qui dalla Sicilia per vedere il derby”. Il bambino la guarda: “Mamma, lei ha ragione. Mi sono salvato”. Guardi quel bimbo sconvolta, ha forse cinque anni e pensi: “Se perdiamo lo massacrano, ma se vinciamo…”.
Intanto arrivi in Piazza Duomo. Le bandiere si alternano, come i cappellini e le maglie che spuntano da ogni parte intorno a te. Le magliette di Pato e Ibra o di Sneijder ed Eto’o vanno a ruba tra le bancarelle dei souvenir, sono pure rincarate per l’occasione. C’è chi fa la foto con la sciarpa ‘io non ho cugini’ e tu lo dici a te stessa: ‘Manco io’.
La senti questa partita. A prescindere dai conti ci sono in palio sentimenti ed emozioni. Porta con se ricordi, speranze, incroci strani, aspettative. E’ cominciata quindici giorni fa, ma in fondo dura da sempre. Stessa città, stili diversi a confronto. Separate in casa, staccate l'una dall'altra. A partire da quella costola.
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