parola al tifoso

E ALLORA GRAZIE AL 5 MAGGIO…

Eva A. Provenzano

Questa volta gli ha sbattuto la porta in faccia e ha lasciato che se ne andasse. Anche ‘sto benedetto cinque maggio è passato. Stavolta in maniera definitiva. L’Inter ha pensato di farlo fuori così. Stravincendo, strameritando sul...

Questa volta gli ha sbattuto la porta in faccia e ha lasciato che se ne andasse. Anche 'sto benedetto cinque maggio è passato. Stavolta in maniera definitiva. L'Inter ha pensato di farlo fuori così. Stravincendo, strameritando sul campo la Coppa Italia primo 'titulo' della stagione 2009/2010 e riscrivendo la storia. Una storia che era cominciata come una tortura, con la morte di Napoleone e una poesia di Manzoni che i nostri professori (juventini) ci hanno costretto ad imparare a memoria. Una storia che passa da una giornata più nera che azzurra in cui il nostro "punitore scelto" si chiamava Poborsky. Una storia che ricomincia da quel polemico Lazio-Inter di domenica scorsa vinto, pure questo, sul campo e meritatamente (se hanno dato a Muslera 7, qualcosa vorrà pur dire). E il cerchio si chiude stasera, in questa serata nerazzurra di Maggio di cui voglio ricordare tutto. L'inno della Roma e la faccia scioccata di Mourinho mentre la banda dei Carabinieri suona l'inno di Mameli. L'entrata (impunita) di Burdisso (e mo come ci torna all'Inter?) sulla coscia del piccolo grande Wesley Sneijder. La scenetta di Mou che sul gol annullato a Milito chiede spiegazioni alla moviola: l'addetto gli nasconde la tv, come un bambino che non vuol far copiare il compito al vicino di banco. Il gol di Dieguito, arrivato così, come non ti aspetti, grazie ad una, una sola maglia nerazzurra in mezzo a cinque dell'altro colore. Il pugno di Mexes a Marco Materazzi. La partita di Balotelli, ritrovato, forse, se qualche suo amico non se n'è inventa un'altra delle sue. La faccia rancorosa di Totti mentre lo atterra e di contro la faccia pulita del mio capitano mentre alza la Coppa al cielo in casa del 'nemico', nello stesso scenario di quel 5 maggio che da stasera, finalmente, è diventato solo un incidente di percorso verso l'infinito. Perché se me l'avessero detto nel 2002, mentre distrutta per il pianto sbattevo la testa al muro per capire se era vero, non c'avrei creduto. Ora invece lo so. Quel 5 maggio ha reso possibile l'Inter di oggi: una squadra assolutamente unica, capace di ricominciare dai suoi sbagli e superare i propri limiti. Proprio come succede con quelle storie che non hanno più nulla da dire, finiscono (per fortuna) e ci cambiano (in meglio) per sempre.