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parola al tifoso
Lo abbiamo fatto tutti. Ci siamo messi ad urlare ‘Non è possibile’ quando abbiamo visto sbagliare quel rigore 'del Pazzo'. A dirla tutta lo avevamo fatto anche qualche minuto prima quando Javier Zanetti, a furia di inseguire i giocatori dell’Udinese, si era preso il primo cartellino rosso della sua carriera in Serie A. Se pure lui sprofonda, allora la barca in mezzo al mare è davvero in pericolo. Al triplice fischio non si era ancora capito se era solo un brutto incubo o se era tutto vero. L’isola è lontana trenta punti e sembra quasi un miraggio.
A fine partita, Ranieri si è preso le colpe del suo ‘patatrac’, ma la sensazione è che vada proprio tutto storto. E non sappiamo neanche con chi prendercela. O forse ce la prendiamo con tutto: gli infortuni, la forma inesistente, il mercato preoccupante, l’anagrafe, i giovani che non vanno, il destino beffardo, i tacchetti delle scarpe di Pazzini. Ce la siamo presi pure con le stelle che hanno attratto quella palla.
‘Questa non è l’Inter’, continuiamo a ripeterci. Vorremmo prendercela con noi stessi, per tutte le volte che non abbiamo mollato quella barca. Vorremmo avere la forza di dire ‘Basta speranze, stavolta ce l’hanno fatta grossa’. Vorremmo essere catapultati in un mondo dove il calcio non esiste.
E’ un attimo, poi torna la lucidità: quella barca, in fondo, è la nostra vita. E nessuno quando abbiamo scelto di salirci ci aveva garantito calma piatta. Quando abbiamo detto si, in qualunque momento l’abbiamo fatto, lo abbiamo fatto per amore, una semplice questione di fede. Non c’è altra ragione per scegliere l’Inter. E nei momenti di confusione, di tempesta, strano, ma diventa ancora più chiaro.
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