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parola al tifoso
La guardi e non è lei. Non è più travolgente, impressionante, incontenibile. Ha le gambe corte, fatica, soffre. Ha l’intelligenza di Cambiasso, ha il cuore e i polmoni di Zanetti, che la croce la porta eccome. Prova a darsi fiducia, combatte come può. L’Inter, questa Inter, non è più quella che è stata negli anni di successo: ha gli stessi uomini, ma non è la stessa.
Contro il Cagliari si sa, servivano i tre punti e quelli sono arrivati. Per ricominciare, per rialzare la testa per davvero però serve continuità. La ricetta di mister Ranieri è questa: fare punti serve a fare altri punti. E basta.
La gara non era cominciata proprio nel migliore dei modi. In tribuna stampa ad un minuto dal fischio di inizio era arrivato uno strano mormorio: ‘Togliete Sneijder dalla formazione, gioca Coutinho e Alvarez va in panchina’. L’olandese ha rimediato una contrattura nel riscaldamento, la seconda tegola in due giorni dopo l’infortunio di Lucio. E forse è proprio questa la chiave della partita: il giovane brasiliano incide sul risultato, lo fa assistito dal compagno argentino, proprio lui che doveva andare in tribuna.
Il popolo nerazzurro li applaude. Il tecnico in sala stampa lo ammette: “Questi giovani che si fanno trovare pronti mi piacciono. Non posso usarli sempre per non bruciarli e per non mettere in pericolo la squadra, ma mi piace come si comportano”. Anche Jonathan prova a fare del suo meglio: “Ha un confronto difficile da affrontare che è quello con Maicon, ma è entrato in campo senza timori”, lo incoraggia Ranieri. Un’altra storia, una freccia nerazzurra che manca in campo e si sente. Pazzini lo sa, non arrivano tanti cross e quando arriva il passaggio giusto la traversa si mette di mezzo. Gli attaccanti continuano a non segnare, ma Thiago Motta ci riprova e ci riesce pure stavolta. È in fuorigioco, d’accordo. Ma non è che si può stare lì adesso a fare troppo gli schizzinosi. “Quel gol ha dato fluidità alla manovra”, assicura il mister. Si, la squadra si scioglie, arriva davanti alla porta diverse volte, poi Cou raddoppia. E forse il bottino, con un pizzico di velocità in più, potrebbe essere più largo.
Quando gli avversari segnano la partita è praticamente finita: “Ma è destino che dobbiamo sempre soffrire fino all’ultimo”, spiega 'l'aggiustatore'. L’allenatore nerazzurro ha già imparato tutto quello che c’è da sapere dell’Inter: per come perde, per come si complica la vita, per come vince, è unica. Disarmante, incancellabile, irresistibile. Sono questi gli aggettivi che hanno fatto innamorare gli interisti e che fanno di lei la sola cosa possibile: che sia in cima al mondo o in fondo ad una classifica storta, da capovolgere.
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