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parola al tifoso
C'è un giorno riposto nella mia memoria, lontano nel tempo ma vicino quanto basta per essere riesumato ed accarezzato, nel quale ho capito che cosa fosse il calcio. E' stato il giorno in cui ho visto giocare per la prima volta dal vivo Ronaldo. Era un Inter Napoli di nessuna apparente importanza, in una serata qualunque a San Siro. Fino a quando il mio sguardo non si è posato sul giocatore con la maglia numero 9. Fino a quando la palla non è rimasta intrappolata tra i suoi piedi. Puro genio in movimento. La velocità, l'azione che anticipa l'intuizione, il non movimento che sbilancia l'avversario e infine quella capacità di segnare come se la rete fosse solo l'inevitabile risultato di un'esplosione di idee troppo perfette. Vederlo giocare annullava le teorie, i moduli, le tattiche: lui era tutto questo, forse, senza nemmeno saperlo. E tu che lo guardavi ti sentivi improvvisamente un privilegiato. Ah, con quale amore lo abbiamo incensato, incantevole divinità del calcio. Nessuno è mai stato amato come lui. E nessuno lo sarà mai più. Il nostro ricordo di Ronnie si ferma al 5 maggio e scorre via crudele come le lacrime sul suo volto, alle quali si mescolano irruenti anche le nostre. In quel crudele pomeriggio non c'era ancora traccia del tradimento abominevole che sarebbe seguito. Nulla di tutto questo. Solo un bambino che piange, inconsolabile. Il giocatore più forte della storia. Non un Fenomeno qualunque, ma il Fenomeno. Unico e inimitabile. Spulciando tra i suoi gol più emozionanti non riesco a non rispolverare quello contro il Brescia, a poche manciate di giornate dalla fine dei sogni di gloria nerazzurri. Una bordata che prima di gonfiare la rete rimbalzò sul palo e che Ronnie con una prodezza delle sue mise al sicuro. Fu il gol che ci illuse e che per alcune settimane ci permise di sognare quello scudetto del quale sapevamo tutto, tranne che non sarebbe stato nostro. Quel gol, come la travagliata storia di Ronnie, fu una menzogna mascherata dall'ingenuità di un desiderio. Un anticipo di qualcosa che non sarebbe, purtroppo e stupidamente, mai arrivato.
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