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parola al tifoso
Fa forza alla squadra e si fa forza. Nei momenti dei fischi continua a dire ‘E’ un periodo storto, ma questi uomini sono grandi uomini’. Nelle serate che finiscono bene, come questa, se c’è un merito che va riconosciuto a Claudio Ranieri è quello di continuare a far gruppo, di non aver ancora mollato. Convive da giorni con critiche aspre: e i senatori, e la panchina in bilico e l'effetto entusiasmo finito.
Trova sempre la pazienza di spiegare, di far capire che quello che vede un tecnico non può vederlo nessun altro. Non si è mai dato per finito: da settimane ha sulla testa l'ombra del prossimo allenatore interista, eppure dice di non sentirsi in discussione. "Mi sento bello carico", ha detto alla vigilia della partita contro il Chievo. E dà torto a Trapattoni quando dice che allenare ad Appiano è come stare in una centrifuga: "Andate ad allenare a Roma, allora". E un calcio a tutti i personaggi che raccontanto quello dell'Inter come un ambiente strano.
Difende con le unghie e con i denti il suo presente perché pensa una partita alla volta. "Imparerete a conoscermi negli anni", azzarda ironicamente. Ranieri non è uno che si nasconde, dice quello che sente e quando non lo dice la sua faccia parla per lui. Come al novantesimo al Bentegodi.
E' una gara tirata, si sblocca all'87' grazie ad un gol di Samuel, un urlo liberatorio scuote la rassegnazione. Lui continua a stare in piedi davanti alla panchina, immobile, stretto nel suo cappotto, per tenere tutto sotto controllo. Poco dopo Maicon e Zanetti spingono sulla destra, il cross del capitano trova la testa di Milito al posto giusto, la palla va in rete. E lui non urla, è ancora lì, sempre immobile, in mezzo al verde del prato, guarda verso i suoi ragazzi. Sugli occhi spuntano due lacrimoni. Non c'è nulla di sbagliato a credere in una missione, neanche quando il resto del mondo continua a ripeterti che è impossibile. Ranieri no, non si nasconde: "Si vede che ci tengo", dice. Si, si vede che ci tiene.
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