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parola al tifoso
Ho trovato un’altra canzone che mi parla dell’Inter. E fa così: “Quando il tempo non passava, non passava la nottata, eri solo più lontana, ma tu ci sei sempre stata”. (Ligabue, Arrivederci mostro, traccia numero 4). Lo so, per molti sono solo inutili isterismi da tifosa esagerata, ma è vero: l’Inter per me ‘c’è sempre stata’ (e mi ha fatto restare). Mi ha insegnato, a modo suo, come un ‘sapientino clem clem’, tutto quello che so. Era lì quando perdevo e perdeva con me, era lì quando non c’era nessuno, restava sempre bella e impossibile, costante e uguale in un mondo di uomini e donne che mi circondavano e che cambiavano troppo spesso direzione mentre io restavo immobile. Era l’unica certezza, era l’ironia, era lo stile, la capacità di subire le umiliazioni e la forza di indignarsi. Era una foto sbiadita. Un racconto che non mi stancavo mai di sentire. Un sogno che, per quanto avessi imparato a memoria, battutine e frecciatine di amici e parenti ‘senza colore’ o ‘imbrattati di tutto quel rosso da ansia’, non mi davano il diritto di sentire veramente mio. “Non la vincete da 45 anni ‘sta Coppa e probabilmente non la vincerete mai perché siete provinciali, vivete di ricordi, non siete mai andati avanti'. Ma loro non potevano sapere che noi stavamo ‘solo’ aspettando (lo so è stato come sedersi sulle spine, ma non abbiamo mai voluto sederci altrove). E stavamo aspettando l’anno perfetto (un altro), la vittoria assoluta, netta, pulita, imbarazzante (per gli altri). Stavamo aspettando di rivivere un sogno che si è materializzato una sera qualsiasi (ora non più) di maggio. È così quel sogno è diventato mio (e di tutti gli interisti). Mio veramente, perché è successo davvero. Triplete, come nessuno mai (in Italia). Faccio ancora fatica a crederci. Mentre mi sposto da una parte all’altra della città , ci ripenso. Ripercorro tutta la strada fatta per arrivare fino a quella benedetta isola, lo faccio pensando al percorso di capitan Zanetti, simbolo della mia Inter. Abbiamo camminato a lungo e intorno a noi sembrava esserci il deserto. Mi spunta sempre un sorriso idiota sulla faccia tutte le volte che vedo una bandiera con i nostri colori sventolare dai balconi di quei vecchi palazzoni nel centro di Milano. Il nerazzurro spicca sull’antico. Il vecchio e il nuovo si mescolano: la Grande Inter dei miei sogni, la Grande Inter della mia realtà . Old style, nuovo corso. Grande passato, Grande presente e, speriamo, Grande futuro. Cosa ci riserveranno le prossime (irrinunciabili) giornate da interisti non lo possiamo sapere e mi sa che in fondo non vogliamo neanche saperlo perché è vivendo giorno per giorno che abbiamo visto passare ‘la nottata’. L’alba che si è levata all’improvviso sulle nostre teste dopo quella splendida serata a Madrid era di quelle che restano per sempre o comunque di quelle che non finiscono per un pezzo. Quindi vada per il calcio mercato che in estate, al mare o tra i monti, va sempre tanto di moda, ma godiamoci ‘sto sole. E’ nostro. Ce lo siamo meritati. E qualsiasi cosa accada da adesso in poi (chiunque arrivi, chiunque vada) c’è poco da aver paura perché l’Inter c’è e ci sarà sempre e ci ha appena ricordato di cosa è capace. E ha appena ricordato al mondo intero che certe vittorie sono così speciali che possono continuare a brillare di luce propria per molto, molto tempo. O almeno fino alla prossima leggenda. Nerazzurra.
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