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parola al tifoso
Operazione simpatia. Che forse, di questi tempi che l’Inter vince spesso, vince tutto, può servire a farla sembrare meno ‘antipatica’. (Chissà perché -ci chiediamo ogni volta- prima, quando perdevamo sempre, eravamo apprezzati da tutti. Ma tant’è…). Sul palcoscenico più ambito della televisione, dedicato solo ed esclusivamente agli ‘Special One’, c’è finito pure Julio Cesar (dopo il successone di Mourinho andato pure in replica e dopo Mario Balotelli). Il portierone dell’Fc. Internazionale di Milano passa a pieni voti la ‘dura prova’ del Chiambretti Night e si rivela un ‘numero primo’ nel calcio e nella vita. ‘Vietato usare i piedi’, una bestemmia per uno che nasce in Brasile, ma questo è quello che gli hanno insegnato da piccolo. “4-4-3, 4-4-2,non parlatene a me. Non ci capisco niente”, dice Julio.
A lui toccano sempre gli straordinari là dietro, qualunque sia lo schema imposto dall’allenatore ai suoi compagni. E così, oltre alle mani, ha imparato ad usare il cuore. Te li immagini sempre un po’ musoni i campioni del pallone, sempre troppo più maturi per la loro età, senza senso dell’umorismo e attaccati al materiale, così come spesso, banalmente, le cronache li descrivono. E invece Julione ha altro da mostrare. Le lacrime, per esempio. Scendono sulla sua faccia e riempiono le sue fossette di gioia quando gli mostrano la sua ‘carriera nerazzurra’: 2 Coppe Italia, 4 scudetti, 4 Supercoppe Italiane, 1 Champions League. E lui precisa: “Devo tutto a Roberto Mancini e all’Inter, nel 2005 non ero ancora nessuno”. Sua moglie, poi. Susana Werner, attrice e show girl brasiliana, che ha lasciato la sua carriera per seguire il suo portiere ‘toda gioia, toda bellezza’.
Pure lei, che entra in scena con una dichiarazione d’amore da ‘voglio amarti per sempre’, addolcisce la ‘mascellona’ del portiere interista. Da mostrare Cesar ha l’allegria tipica della sua terra e il senso dell’ironia che all’Inter tutti sanno indispensabile. “Sono troppo ingenuo”, confessa. “Quando c’era Ibra (simpatico, il neo-milanista adesso non riusciamo proprio a pensarlo), lui e Stankovic mi hanno fatto credere di avermi regalato un orologio costosissimo. Era bellissimo ed ero felice per il pensiero gentile. Li ho abbracciati tutto il giorno, gli dicevo ‘che amiconi siete’. Dopo un’ora che ero arrivato a casa, Dejan mi ha richiesto indietro la scatola. L’orologio era un falso. Ci sono rimasto malissimo, ma era tutto uno scherzo, tutto lo spogliatoio lo sapeva, tranne io: l’orologio però me lo sono conservato”, racconta. Quel Mondiale che non c’è nella sua bacheca è una mancanza che non sa scordare. “Ci sto ancora troppo male”, spiega, ma non se la prende con nessuno: “Doveva andare così”. Per riprendersi dallo shock, gli ci è voluta una settimana, tanto che pure Lucio ‘il cattivo’ (suo capitano con la maglia verde-oro) ha dovuto fare la sua parte da angelo. “Lui è un ragazzo per bene”, sostiene Julio. E c’è da crederci. Pierino Chiambretti ci prova: “Glielo diamo indietro ‘sto scudetto alla Juve, così smettono di rompere i cogl…?”. Lui non vuole saperne. “No, non ci pensiamo neanche”, risponde. E a quel punto guadagnarsi le simpatie dei tifosi juventini diventa impossibile. Pazienza. Ce ne faremo una ragione. Intanto Julione ha conquistato truccatrici e parrucchiere dietro le quinte oltre alle ospiti e alle giornaliste in sala. “E’ un ragazzo straordinario, un campione vero”, assicurano. Ma questo gli interisti lo sanno. Quell’omone seduto su quel palcoscenico non è mica un portiere qualsiasi. Il suo nome è il primo che ricorderanno per sempre in quel ritornello leggendario e tutto nerazzurro che, da quella speciale serata di Madrid, suona così: “Cesar, Lucio, Maicon…”...
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