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parola al tifoso
E’ un disastro. Una caduta inaspettata. Questo sorpasso no, non l’avevamo considerato (o almeno non credevamo potesse fare così male). Gli altri invece se l’aspettavano eccome e per dirla tutta, non vedevano l’ora di vederci scivolare. E se il campionato è da inseguire, c’è chi già ha decretato:“L’Inter per battere il Barcellona dovrà sperare in un miracolo”. Io non credo nei miracoli, ma nell’Inter si, ci credo. Abbiamo ancora gambe e cuore per arrivare ovunque. La meta è difficile da raggiungere, non impossibile. Negli anni ho imparato che tifare per la nostra squadra è come stare su un filo in equilibrio precario. Ora, chiudete gli occhi, provate a pensare a questa passeggiata, sospesi nel vuoto. Provate a ricordare tutte le volte che vi siete messi seduti davanti ai colori nerazzurri e gli avete permesso di emozionare e stravolgere la vostra vita. Mentre camminate su quel filo immaginario, in bilico, in quella dimensione precaria e sospesa tra sconfitta e vittoria, riuscite a pensare che ci sia qualcosa di meglio dell’Inter? Io non ci sono mai riuscita. E neanche quando la matematica mi dava la certezza di un altro fallimento. Aristotele diceva: “La speranza è un sogno fatto da svegli”. E se in questo momento avete sentito schiudersi gli occhi sfiniti e vi è spuntato un piccolo sorriso idiota sulla faccia, vi capisco. Vi siete appena ricordati di essere svegli, ancora in piedi e irrimediabilmente interisti.
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