parola al tifoso

Le lacrime del guerriero

PAROLA AL TIFOSO ALESSANDRO TOSQUES Esteban Cambiasso è stato sempre uno dei miei giocatori preferiti. Lo apprezzo sin dai primi anni in cui la sua testa tonda e lucida come la sfera di una veggente, dominava il centrocampo del Real Madrid,...

Alessandro De Felice

PAROLA AL TIFOSO ALESSANDRO TOSQUES

Esteban Cambiasso è stato sempre uno dei miei giocatori preferiti. Lo apprezzo sin dai primi anni in cui la sua testa tonda e lucida come la sfera di una veggente, dominava il centrocampo del Real Madrid, insieme a Claude Makelele. Di lui ho sempre apprezzato la sapienza tattica, l'ineguagliabile confluenza di buoni piedi e capacità di rubar quantità industriali di palloni, l'innata dote di stare in campo, e di leggere le partite, e perché no, anche il coraggio, nelle prime stagioni nerazzurre, di ostinarsi a far crescere i capelli, nelle poche zone in cui la sua testa ancora lo consentiva. Amavo e amo la sua grinta, che trasuda dalla sua esultanza: quella sua folle corsa con le braccia protese come un'aquila pronta a librarsi in volo. Semplice quanto emozionante. Ad egual guisa, mi sono emozionato nel vederlo piangere di gioia, pochi minuti dopo il fischio finale nella magica notte di Madrid. Quel momento, fotografa quel mix di emozioni che non si possono spiegare, ma soltanto vivere.Sono passati meno di due anni, e l'ho rivisto piangere. Diverso era però lo scenario. Non si era in mezzo al campo a festeggiare, non c'erano giocatori vestiti di nerazzurro a dar sfogo al proprio giubilo, in contraltare a quelli vestiti di biancorosso a testa bassa. C'era il Catania che vinceva due a zero a San Siro, e lui, sostituito dal giovane Poli, seduto in panchina, a coprirsi con ineffabile dignità il capo, per nascondere dietro un asciugamano il pianto. Uno sfogo, un amaro segno di insoddisfazione, o forse la delusione per quei tifosi che gli stavano dispensando i primi fischi nerazzurri. Non mi vergogno a dire che sono tra quelli che caldeggiavano la sua sostituzione, che da settimane vorrebbero vederlo in panchina a riposare. Per irriconoscenza? No, ma soltanto per la voglia di non assistere ad un giocatore in affanno, che sbaglia passaggi elementari, che si fa saltare dalla maggior parte dei giocatori che lo affrontano, incapace persino di lanciarsi nei suoi proverbiali inserimenti in zona gol.

Non credo che sia un giocatore finito, a 31 anni e mezzo non lo eri negli anni '80, figurarsi adesso. Credo anzi, che in una squadra figlia di un progetto serio, con il giusto e sapiente mix di giovanissimi, giovani e veterani, lui possa ancora dare molto, però pretendere di giocare sessanta partite all'anno, allo stesso altissimo livello, è impensabile per un ragazzino, figurarsi per un giocatore che ha superato la trentina.

Nonostante questo, non avrei mai fischiato Cambiasso se fossi stato a San Siro domenica, né mi sognerei di farlo mai, anche se giocasse la peggior partita della storia. Perché per tutto quello che ha dato in termini di corsa, tattica, tecnica, generosità, meriterebbe un monumento.Però forse, l'errore del Cuchu sta proprio nell'aver abusato dei propri mezzi. Non so se lui, come qualcun altro, pretenda di giocare sempre e comunque, facendo leva sul ruolo di primordine, che con gli anni ha acquisito all'interno dello spogliatoio dell'Inter, ma penso che il grande campione non si veda soltanto nelle vittorie, o in tutte quelle qualità sopra elencate. Si è grandi anche quando si comprende il momento in cui è giusto fermarsi un po', nella presa di coscienza dei propri limiti, nella disponibilità a farsi da parte, anche solo temporaneamente. Non è facile, ma i grandi campioni dentro e fuori dal campo ci riescono.Altrimenti si correrebbe il rischio di commettere gli stessi errori compiuti da altri fuoriclasse assoluti, come Franco Baresi. Un'icona assoluta, che dovette essere umiliato dagli acerbi Vieri e Amoruso, in un Milan-Juve 1-6 per comprendere che a 37 anni, forse era il caso di fermarsi. O come Fabio Cannavaro, che tutti ricorderanno come uno degli eroi in terra di Germania, ma che chiuse col calcio che conta, dopo aver fatto diventare fenomeni gli slovacchi.La sostituzione di domenica, ha rappresentato una piccola svolta nella rimonta contro il Catania, generando forse in Ranieri, la presa di coscienza della sostituibilità dei giocatori considerati intoccabili. Lo fece con Totti e De Rossi, lo potrà rifare anche con Cambiasso, Zanetti e tutti gli altri. Non è un delitto se si giocano dieci partite in meno, soprattutto se queste brevi soste consentono di affrontare al meglio le partite che contano. Lo capì Altafini, lo ha a malincuore capito Del Piero, lo capirai forse anche tu Esteban. Senza dar peso ai fischi di pochi irriconoscenti. C'è gente che fischia da anni Seedorf, e che offrì come saluto uno striscione offensivo a Maldini. L'irriconoscenza è la peculiarità delle menti poco spaziose, dei cuori più freddi e meno disposti ad accogliere i ricordi più belli.Perciò, come disse un 'bravo' poeta toscano, ''Non ragioniam di lor, ma guarda e passa"