parola al tifoso

‘L’Inter è speciale’. E se lo dice un ‘milanista’…

Eva A. Provenzano

Ricordi, sogni, sentimenti, chiarezza, filosofia e gentilezza. C’è, forse inaspettatamente, tutto questo nelle parole e nei tratti somatici di Leonardo, al suo primo giorno tra i banchi della scuola Inter. E traspare un filo di emozione anche...

Ricordi, sogni, sentimenti, chiarezza, filosofia e gentilezza. C’è, forse inaspettatamente, tutto questo nelle parole e nei tratti somatici di Leonardo, al suo primo giorno tra i banchi della scuola Inter.

E traspare un filo di emozione anche nelle parole del presidente Massimo Moratti che lo presenta alla stampa (‘l’ho scelto io, è una mia responsabilità’) e si ingarbuglia con un lapsus, pure quello inaspettato. ‘Ronaldo’ lo chiama, nell’ilarità generale: qualcuno per un secondo pensa a brutti ricordi e poi a sogni irraggiungibili. Il patron nerazzurro accetta di condividere la scena con il brasiliano: ‘Mi ha obbligato ad essere qui’, spiega. Cose che si fanno tra amici. E tra amici si può parlare di sentimenti: “La nostra società è ambiziosa, ma questo non vuol dire fare fretta, pressare, vuol dire seguire l’istinto e l’amore che abbiamo per i nostri tifosi”, sottolinea Moratti.

Il nuovo arrivato l’avrà già capito: l’Inter non è la squadra dell’amore, ma è un amore di squadra. Nella quale tutti hanno un posto e un destino preciso: “Arrivo qui nell’anno più importante della storia nerazzurra ed è un incrocio incredibile. Non ho nulla da inventare questi giocatori hanno vinto tutto e hanno una loro identità, ognuno di loro conosce il suo ruolo”, dice Leonardo.

L’inconfondibile stile interista pare essersi già impossessato di lui, sembra quasi che nell’altra parte di Milano non ci sia neanche mai passato. Eppure quel passato non lo rinnega. “Non dimenticherò mai il mio vissuto al Milan: sono stato per loro giocatore, dirigente e allenatore. Capello mi ha portato qui, ma mi ritengo un uomo libero”, confessa.

Questione di incroci, mai di caso. Perché con l’Inter il caso non esiste. L’impossibile invece si. “Non cercavo un lavoro questa estate, volevo un sogno, la grande sfida – racconta - e più grande di questa non credo ce ne siano”.

E allora, eccola la sfida. Anche questo Leo l’ha già imparato: la Beneamata non è e non sarà mai uguale a tutte le altre. Per questo se ti cerca per davvero non riesci a dirle di no. Non si può dire di no al presidente Moratti. “Il mio rapporto con lui è nato in maniera disinteressata. Scherzavamo anche 10 anni fa, la cosa è andata in un modo incredibile. Sono diventato allenatore solo un anno fa, cosa che sembrava improbabile, ma oggi per me è un giorno molto particolare”. Lo è di certo pure per i milanisti che hanno il terrore che l’incubo raddoppi e che Kakà possa tornare a Milano sulla sponda nerazzurra. “Non credo – si affretta ad assicurare il tecnico – che Ricardo lasci il Real prima di aver fatto bene con quella maglia”.

Però, non si mai quando c’è là vicino un presidente che continua a parlare di sogni. Lo scudetto, per esempio. “Il campionato è lungo e io ci credo. Pensi ai 13 punti e alle due partite in meno. Psicologicamente si deve gestire molto bene questa situazione. Sono tanti punti, ma basta poco per inserirti nel gruppo che può vincere alla fine. Già le prime partite saranno importanti . Mi sembra che il Campionato del Mondo abbia dato una grossa carica ai giocatori, questa squadra è una realtà”, giura mister Leonardo.

Un nuovo capitolo, da imparare, capire, valorizzare, non da stravolgere: “Mi farò conoscere per quello che sono, stabilendo un contatto con tutti. Ci sono i valori che una squadra crea e che esistono già. Devo capire e creare un canale individuale per arrivare al massimo di ognuno”, assicura Leo senza dimenticare di ringraziare con gentilezza il suo predecessore Rafa Benitez.

Poche promesse, tanto lavoro da fare. Mete da raggiungere e non ossessioni. Come diceva Mourinho. “Impossibile arrivare qui senza passare da lui – conclude l’ex rossonero- mi ha fatto piacere sentire al telefono Josè: io credo che lui sia un allenatore speciale, straordinario”.

Come quella squadra che Leo guiderà da oggi in poi, che ha vinto tutto nel 2010 e che negli ultimi mesi, nonostante un anno sorprendente, ha dovuto ingoiare bocconi amari e le solite banali battutine: con quelle dovrà farci i conti, ma il brasiliano che si ispira a Telè Santana e a Ghandi, è passato indenne da dichiarazioni al veleno pronunciate addirittura dal suo ex datore di lavoro.

Cori e striscioni hanno accolto il brasiliano ad Appiano Gentile. I tifosi interisti, quelli veri, sono pronti a ricominciare, a riprendere quel viaggio su quella nave che loro non abbandonano mai, neanche in mezzo alle tempeste. E come potrebbero, se ad ‘un milanista doc’ sono bastati solo due giorni a bordo, e in quel mare nerazzurro, per capire che l’Inter è un sogno?