parola al tifoso

“Noi vogliamo la Leomuntada…”

“Certe cose non vengono automatiche“. E sarebbe stato chiedergli troppo. In fondo non tutti sono Ibrahimovic. O almeno Leonardo non è come lui. Tredici anni di Milan non li può rinnegare in un secondo, ecco perché gli spunta solo...

Eva A. Provenzano

"Certe cose non vengono automatiche". E sarebbe stato chiedergli troppo. In fondo non tutti sono Ibrahimovic. O almeno Leonardo non è come lui. Tredici anni di Milan non li può rinnegare in un secondo, ecco perché gli spunta solo mezzo sorriso sulla faccia quando sente ‘Chi non salta milanista è’.

Leo, da oggi per gli amici nerazzurri ‘Leonardo daI Vinci’, si stringe sulla panchina, vestita di quei colori per tanto tempo opposti ai suoi, e si concede a flash e telecamere. Applaude quando vede e sente l’accoglienza della Milano interista che lo incoraggia con cori e striscioni da ‘oscar’. Fa credere di voler stare seduto, ma proprio non ce la fa. Dopo quattro secondi dal fischio di inizio scatta in piedi e comincia a muoversi a ritmo di samba scompigliando l’area tecnica. Beppe Baresi al suo fianco lo capisce, lo asseconda e riporta le indicazioni ai ragazzi in campo. Sembra quasi di rivedere quelle scene alla Mourinho, senza block-notes però, senza troppa rigidità, tutto spiegato a parole. Non ha fantasmi da temere Leo, il Mou ‘cattivo’ non c’è più, anzi c’è sempre e lo dice lui stesso: “Qui ogni cosa parla di lui”. E non è certo cercando di cancellare il passato che si può dare all’Inter la voglia di vincere ancora: “Questa squadra ha umiltà, ha un cuore, un’unione che l’ha portata a vincere tutto e ora quel tutto deve e può goderselo, divertendosi”.

Questa è la filosofia del neo allenatore della Beneamata: divertirsi e vincere e poi ancora divertirsi, perché se non lo fai adesso che hai vinto proprio tutto... Se è la strada giusta lo diranno i risultati. Intanto Leo in una settimana ha almeno il merito di essere riuscito a ridare ai ragazzoni interisti la carica emotiva che sembravano aver perso a novembre.

Basta osservare la sua reazione al primo gol per capire che non sta fingendo, che in questa missione, in questo ‘sogno’ nerazzurro, ci crede per davvero: esulta che sembra un ultrà interista e spiazza tutti. Nessuno gli si avvicina, forse per non metterlo troppo in imbarazzo. Lui chiama capitan Zanetti e lo stringe a sé, che quasi sembra incredibile. Si arrabbia e scuote la testa per la rete incassata su calcio da fermo, poi dice a Cambiasso ‘Questo è da segnare’, e l’argentino lo accontenta, come in un’orchestra. Parla in portoghese con Lucio e Maicon. Ripropone l’abbraccio sul terzo gol con il connazionale Thiago Motta: vale i suoi primi tre punti da allenatore interista.

La classifica parla chiaro. Il Milan è troppo lontano per pensarci adesso: “Fatemi godere questa vittoria, non voglio farmi troppe domande, queste emozioni voglio viverle. Pensiamo giorno per giorno”, dice. Una parola, impossibile da non notare, brillava sugli spalti di San Siro e stavolta i cuori nerazzurri non hanno nessuna intenzione di metterci la parola zero davanti. Vogliono la ‘LEOmuntada’. E perché no?