parola al tifoso

PAROLA AL TIFOSO – Tributo a Zanetti: doveva succedere ma c’è l’orgoglio di…

PAROLA AL TIFOSO VINCENZO PAOLO BORRIELLO Prima o poi sarebbe dovuto succedere. Ogni tifoso interista, o più in generale ogni appassionato intelligente di Calcio (quello con la C maiuscola), sperava che ancora una volta non fosse questo il...

Alessandro De Felice

PAROLA AL TIFOSO VINCENZO PAOLO BORRIELLO

Prima o poi sarebbe dovuto succedere. Ogni tifoso interista, o più in generale ogni appassionato intelligente di Calcio (quello con la C maiuscola), sperava che ancora una volta non fosse questo il momento. E d’altronde sono circa sei, sette anni che verso fine stagione si susseguono voci a proposito del ritiro dai campi del Capitano, poi prontamente smentite per la gioia del mondo sano del pallone.

Questa volta, invece, è arrivata la conferma dalle sue stesse parole. Era nell’aria. L’ultima battaglia, stravinta, con il tendine d’Achille (a 41 anni suonati) è stata un po’ come l’episodio finale di una serie tv celebre per record di puntate. Doveva finire così, con l’eroe che dopo aver sconfitto tutti gli avversari lotta anche contro se stesso, e vince.

Sarà molto difficile immaginarlo in giacca e cravatta a bordo campo o in tribuna, proprio lui che ha dedicato la sua vita al culto del lavoro, del sacrificio, del sudore. Uno che si è allenato il giorno del suo matrimonio, che ha trascorso tutte le sue vacanze estive da 20 anni a questa parte preparandosi fisicamente prima ancora di arrivare in ritiro, uno che dopo essere stato scartato da bambino nella squadra della sua città perché troppo esile, ha lavorato per anni con il padre come muratore per mettere su muscoli, per poi riprovarci e iniziare la sua leggendaria carriera.

E probabilmente se così non fosse stato ora non staremmo qui a celebrarne i record: ad oggi 1112 partite ufficiali in carriera, più di lui nella storia del calcio solo 2 portieri; giocatore in attività e straniero con più presenze in serie A (616); giocatore straniero più anziano ad aver giocato una partita di Serie A; giocatore con più presenze nell’Inter (856) e ovviamente anche il più presente in Serie A, Supercoppa Italiana e Competizioni UEFA; giocatore con più presenze da capitano in Champions League (82); giocatore con più presenze consecutive nell’Inter (162); giocatore con più presenze consecutive in campionato (137); giocatore dell’Inter con più presenze nel derby (47); Capitano dell’Inter più vincente nella storia con 16 trofei conquistati: 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe Italiane, 1 Champions League, 1 Coppa Uefa e 1 Mondiale per Club; giocatore con più presenze in Supercoppa Italiana (7); giocatore più anziano ad aver segnato nel Mo ndiale per Club (37 anni e 127 giorni); giocatore con più presenze nella nazionale argentina (145). Questi solo per citarne alcuni, la lista continua.

E poi solo tre espulsioni in tutta la sua carriera, di cui un paio ingiuste. Mai una parola fuori posto, mai una polemica, mai uno scoop sui giornali. Le uniche uscite pubbliche sono in favore della ormai famosa Fondazione Pupi, ente di beneficenza fondata da lui in prima persona per i bambini disagiati di tutto il mondo. Azioni che non vengono annoverate tra i record ma che in un calcio di giocatori strapagati e viziati vanno sicuramente sottolineate.

Certo, quando uno sportivo del genere appende le scarpette al chiodo tutto il mondo risente dell’eco mediatico di un evento del genere, che resterà  scritto nei libri di storia. Eppure per il tifoso interista, quello legato indissolubilmente alla squadra e che conosce un minimo di dinamiche interne allo spogliatoio, questo evento è un dramma. Javier Zanetti nei suoi anni all’Inter è stato l’ultimo prototipo di calciatore e sportivo d’altri tempi. Il suo compito non si limitava ad indossare la fascia la domenica, bensì spaziava dal seguire e motivare quotidianamente la squadra durante gli allenamenti al metterci la faccia nei momenti difficili. La sua disciplina e i suoi ideali gli hanno permesso di gestire in armonia un gruppo di persone provenienti da tutto il mondo e fondere le loro svariate culture e ambizioni personali sotto il segno dell’Inter. Trovare un’altra persona, un’icona di cui andare fieri, capace di fare un lavoro del genere dentro e fuori dal campo, purtroppo, è impossibile.

Tra lo sconforto e l’angoscia per il “quel che sarà”, negli interisti però si accende un barlume di orgoglio: la fortuna di aver assistito con i propri occhi ad un capitolo intero di storia nerazzurra, un capitolo che ne ha descritto carattere, valori e ideologia. L’Inter è Javier Adelmar Zanetti.

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