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parola al tifoso
StraMOUccioni. Non diteglielo però: "Io non sono lui, ha vinto troppo, per me è un paragone che non ci sta". Sarà, ma Massimo Moratti dice che invece ci sta tutto: "Un pò mi ricorda Mourinho. Già si vedono le note di intelligenza come persona e come allenatore, cosa che lo fa assomigliare a lui. Come Mou è un grande lavoratore. Ha talento, è capace e umile". E Andrea Stramaccioni queste parole se le è segnate. "Sono contento se lui dice che io lavoro tanto sul campo". Si, segnate. Perché il mister ricorda tutto. Si ricorda le parole, i gesti, gli applausi e i fischi. Ieri sera, alla fine del derby, la sua gioia era incontenibile.
Lui e Cassano sembravano (e in fondo lo sono) due ragazzini: "Ho dovuto sostituirlo. Con l'ingresso di un altro centrocampista, se fossimo stati undici contro undici, avrebbe sofferto meno anche lui. Ma ha capito il cambio e si è seduto in panchina, non mi ha lasciato un attimo".
Negli ultimi minuti della gara Antonio si è messo lì, vicino al suo allenatore: gli parlava, parlava a chi era in campo, lo ha preso per la giacca, poi è arrivato il triplice fischio e i due si sono abbracciati saltellando a bordo campo. Il tecnico nerazzurro ha lanciato un urlo liberatorio che mostra tutta la grinta. E quella corsa istintiva, con la mano in tasca sotto la Curva Nord: "E' vostro, è vostro, è vostro". Lo dice tre volte e poi la spiega: "Contro il Siena c'era chi aveva fischiato. Ma c'era stato chi aveva applaudito lo stesso la squadra e io queste cose me le ricordo, questa vittoria è dedicata a loro". A chi ci crede, sempre, comunque. Perché nessuno ha mai detto che ricominciare - dopo aver fatto l'impossibile - sarebbe stato facile.
Intanto, comunque andranno le cose, questo giovane allenatore - nonostante le critiche per la sua inesperienza abbiano subito tentato di affossarlo - ha dimostrato di poter fare bene: ha cambiato la sua squadra in corsa, non si è impuntato sulle sue idee, le ha adeguate alla squadra, ha dato fiducia a ragazzi come Ranocchia, Coutinho e Juan Jesus e non si è mai tirato indietro. Ci ha messo la faccia, ha difeso i colori nerazzurri quando ha notato che erano stati messi sotto scacco. "Prima di parlare di noi, sciacquatevi la bocca", ha detto quando c'è stato bisogno. Ed è diventato uno slogan interista, una di quelle frasi da copiare e incollare sulle t-shirt.
Succedeva con le manette, con gli zero tituli, succedeva ai bei tempi. Quelli in cui un allenatore portoghese vinceva e correva, con la mano in tasca - uguale uguale - là sotto la Curva, felice di averla accontentata. Strama non è Mourinho e questa è la verità. Ma ieri sera qualcuno, forse più di uno, ha visto in lui qualcosa di Special(e).
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